Foto di midori.no.kerochanL’Italia dei Comuni. L’espressione è tradizionalmente positiva. Evoca arti, condottieri, pure una certa floridezza economica. Villaricca comune della provincia dei Napoli, dal 10 ottobre scorso ha deciso che la mensa dell’asilo non poteva costare lo stesso per residenti e non. E così i genitori dei piccoli alunni di Giugliano, dall’altra parte della strada della “Rodari”, devono sborsare 78 euro al mese contro i 35,10 dei villaricchèsi.

Figurarsi la sollevazione contro i vicini di Panecuocolë, l’antico nome del paese che batte cassa. Ma non sarebbe però una questione di campanili: il bilancio sempre più magro di Villaricca – ricca solo di nome, evidentemente – non consente più all’amministrazione di sobbarcarsi la quota “pubblica”, quella sostenuta con le casse comunitarie, anche per i piccoli giuglianesi: pagheranno prezzo pieno, più del doppio dei piccoli coetanei.

Il ragionamento non fa una grinza, preso dal punto di vista di chi fornisce il servizio. Ma inizia a perder acqua appena si rovescia la questione, che poi è quella classica: gli ospedali sono per i medici o per i malati? Gli autobus per gli autisti o per i passeggeri? La raccolta rifiuti per i netturbini o per i cittadini? E così via.

Buon senso vorrebbe che la mensa fosse per chi va a scuola, anche perché – a quei prezzi – c’è chi i figli a refezione preferisce non mandarli più. D’altro canto – si sarebbe detto anni fa – sempre di un servizio reso dalla pubblica amministrazione, la quale avrebbe poi riequilibrato nel complesso del bilancio dello Stato la maggior uscita sopportata dall’ente locale.

Ma non è così. E non c’è di mezzo solo il federalismo all’italiana, una delle maggiori sciagure istituzionali degli ultimi anni. Quello – per capirci – che non solo ha eliminato qualsiasi controllo su Regioni o enti locali, ma che ha prodotto una malintesa Italietta dei campanili: quella che le tasse pagate dai settentrionali restino al nord, per capirci. C’è di mezzo così la sostanziale privatizzazione – in termini di visione, di cultura politica – della gestione dei servizi.

In un campo dove non può esserci concorrenza si taglia, si stringe, si economizza, sicché ogni risparmio di riflette sui destinatari del servizio. In peggio, ovvio. Per un certo periodo si è pensato di ricorrere alla sussidiarietà: se qualcuno “magicamente” rendeva un servizio al posto della pubblica amministrazione, tanto meglio. Ma poi a trovar ganzi che lo facessero a poco o, al contrario, qualche furbetto che ci lucrasse non è stato così facile. E stiamo riscoprendo un’Italia dei Comuni che di virtuoso ha più ben poco e di egoista parecchio.