C’è chi ha bisogno di conferme. Sempre. Whatsapp, per questo, è una benedizione. Una benedizione maledetta. Invii. Spunta singola. Doppia spunta. Doppia spunta azzurra. Messaggio arrivato. Potrebbe bastare.
Eppure l’assillo non si spegne. «Avrà capito?» «Perché non risponde?»«Non sia mai che abbia equivocato». E così il dito corre a comporre un nuovo messaggio. Per chiedere conferma.
Non è però questa una sindrome da smartphone, vittima sacrificale di ogni nevrosi. Il telefonino è il monsieur Malaussène digitale: si accolla tutte le colpe. La ricerca spasmodica di conferme non è un male tecnologico o della modernità. Ne è afflitta pure la burocrazia. Cosa c’è di più vecchio?

Buca delle lettere
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Il postino suona sempre due volte

Il postino, una volta, mi recapitò una multa. L’infrazione non era la mia, ma non importa. La raccomandata fu ritirata da mia suocera. E fin qui tutto normale.
Il giorno dopo, però, ecco di nuovo il portalettere. Altra busta verde. Altra multa? Nulla di tutto ciò: era la notifica che mi avvertiva esser stata ritirata la prima raccomandata da mia suocera. C’era, in più, un piccolo particolare: anche la seconda raccomandata, quella relativa alla raccomandata ritirata da mia suocera, è stata ritirata ancora una volta da mia suocera.
Mi sarei aspettato, il giorno dopo, un’altra busta verde. Che avrebbe ritirato mia suocera. Il postino, però, non si è visto: avrà consegnato la terza raccomandata a qualcun altro. Che ora sarà sommerso di buste verdi. O avrà incaricato la suocera.

Il medico conferma

Intanto, per una volta, non mi sono sentito annoverato tra coloro che hanno continuo bisogno di conferme. Chi ha bisogno di conferme non sempre ne è consapevole. È che quando lo psicologo glielo rivela, c’è da scommettere che lo richiamerà. Per aver conferma della diagnosi.

Medicinali

Bugiardi & bugiardini

A proposito di malattie, l’ipocondriaco è un soggetto che sembrerebbe non aver bisogno di conferme. E invece no: è convinto di esser affetto da tutti i malanni possibili, per poi cercarne conferma. Una conferma che, se non gli arriva, è colpa di chi non sa darla. Non sta male solo per i sintomi che immagina, ma pure perché è incompreso.
La sua crisi si acuisce quando prende le medicine. Anziché guarire, peggiora. Colpa del foglietto terroristico dentro le scatolette: il bugiardino.
Apritene uno. E dopo averne distese le numerose piegature, leggetelo attentamente. Effetti collaterali. Interazioni. Altre malattie. Non che ce ne sia uno senza una qualche terribile sciagura.  
Ora, mettetelo in mano a un ipocondriaco e sceglierà l’effetto collaterale più catastrofico. Hai voglia a chiamarlo bugiardino. Bugiardo sarà allora chi non conferma la nuova terribile, e possibilmente mortale, malattia che il foglietto gli avrà diagnosticato. Della quale chiederà conferma a qualcun altro.

Chiedere conferma a zio Google

Google
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Con la nascita di Google l’umanità incerta ha trovato finalmente un portentoso oracolo al quale chiedere conferme. Malati immaginari e malati reali, insicuri. E pure chi ha sulla punta della lingua quella parola lì, ma non gli viene. Googla ed ecco la conferma che era quella giusta.
È provato che gli si confidino i più indicibili segreti. Se i maschietti d’Oltreoceano – ha raccontato Seth Stephens-Davidowitz in Everybody lies – cercano conferme sulle loro dimensioni (sì, quelle che non vorrebbero essere di un accendino) e femminucce americane si preoccupano degli odori intimi.
Non come i social, nei quali ognuno costruisce più o meno consapevolmente una propria versione di sé. O quella si immagina debba esser vista dagli altri. Con i motori di ricerca nessuno ti vede quando chiedi conferma. È intimità digitale.
Abbiamo tutti bisogno di conferme. Chi manda ancora, dopo tutti questi anni, email con la ricevuta (alla quale puntualmente non rispondo). Chi cerca uno sguardo di approvazione, perché ci piace piacere, anche se non lo vogliamo ammettere neanche con noi stessi. L’unica cosa della quale, forse, non piace ricevere conferma è che stiamo cercando conferme.