Mio padre ha scritto un libro. E fin qui nessuna notizia. Ne ha fatto uno di storia locale, di quella che non entra mai nei libri con la “L” maiuscola, dove parla di una guerra senza Eroi (ed anche qui le maiuscole contano). Durante la presentazione, una storica di professione si lamenta che con email, internet ed il progressivo bitmapping della realtà gli archivi stanno restando inesorabilmente vuoti. “Faccio un esempio – mi dice – il Ministero della Pubblica Istruzione non ha più circolari stampate, vengono tutte diffuse per posta elettronica. Per noi è la disperazione, come disperati sono gli archivisti che cercano in ogni modo di procurarsele su carta”.

Insomma, questo nostro tempo dove la “conoscenza” ha assunto valore economico, dove la dematerializzazione è un must della cosa pubblica, sarebbe inesorabilmente condannato ad avere un futuro senza memoria. Un senso di precarietà che la sera stessa mi è parso trovare conferma all’accensione del mio computer: la partizione principale dell’hard disk – quella dove tenevo la mia di memoria – era scomparsa: misteriosamente cancellata. Rupert Murdoch, in una conferenza all’Abc Radio National (Affari & Finanza, 1 dicembre 2008, pag. 11), ha profetizzato che si passerà dai “news paper” ai “news brand”. Tradotto: i giornali di carta evaporeranno in macchine di produzione delle notizie che distribuiranno i loro contenuti via rss, cellulare, email eccetera.

Un altro colpo alla “futura memoria”? Sarà il digitale la fine della storia (non quella di Fukuyama)? Aprendo il libercolo di mio padre, non posso fare a meno di osservare che un pezzo di quelle storie è stato ricostruito grazie a un diario di un soldato alleato pubblicato in un sito della BBC. Senza la Rete non lo avrebbe mai conosciuto. E senza il web, l’indicizzazione che i database consentono del digitale, non gli sarebbe stato possibile rintracciare tutta una serie di indizi per strutturare un lavoro storiografico. Così accanto alle testimonianze orali, si sono affiancate quelle appartenenti alla stessa famiglia di linguaggio delle espressioni della cosiddetta “seconda oralità“.

Senza Google Books, Archive.org, e – spero – un domani Europeana, non potrei pensosamente (e un po’ penosamente) aver scritto i primi due capitoli di una mia ricerca. Alla faccia della contrapposizione tra schermo e video, visto che li ho fatti “collaborare”. Eppure, quel monito, che un domani i nostri eredi non troveranno alcunché su carta. Ma solo labili memorie di massa, sapere elettrico. Qualcosa che può sparire con un blackout, una pressione del tasto power o un “erase” da linea di comando.

Esattamente fare quel che ha fatto mille volte il fuoco. Con la carta.