ritrattoIl 20 novembre 2016 è stato chiuso da papa Francesco il Giubileo della Misericordia. In piazza San Pietro, come immagine simbolo, è stata portata la Madonna delle Grazie di Magliano Sabina.Una classica Madonna della Misericordia, si direbbe,  che però è circondata da un alone di leggenda, anche perché attorno alla ricostruzione delle sue origini si intrecciano una serie di affascinanti ipotesi che hanno spaziato dagli iconoclasti, alla Repubblica di Venezia, alla battaglia di Lepanto fino a coinvolgere, forse incredibilmente, Federico da Montefeltro e la scuola di Piero della Francesca. La Madonna delle Grazie, poi, in occasione di alluvioni e cataclismi, nei secoli scorsi era portata in processione per le vie della città, affinché mettesse al riparo i maglianesi dalle calamità.

Nel 1989 mi divertii a raccogliere le storie e le leggende per una mostra fotografica dell’Archeoclub d’Italia. Ne ripubblico un estratto, con l’avvertenza che alcune di quelle considerazioni sono state ormai superate – giustamente – dalla ricerca e dai recenti restauri. Federico Zeri infatti attribuì la Madonna delle Grazie alla Bottega di Lorenzo da Viterbo, Sandro Santolini, nel 2001, a Pancrazio Iacovetti da Calvi. La pala è stata datata tra l’ottavo e il nono decennio del XV secolo.

STORIA E LEGGENDA (1989)

La Madonna delle Grazie di Magliano Sabina è uno di quei dipinti che affascinano gli studiosi. E non solo per il suo valore estetico, ma soprattutto per l’alone di mistero che lo circonda. Da dove viene? Chi ne è l’autore? A che epoca risale? Sono domande che non hanno trovato finora risposte, bensì solo ipotesi. Quattro teorie, per la precisione, in un certo qual modo tutte più o meno verisimili e tutte fitte di interrogativi. Vediamole.

Mariano torna dalla battaglia

La Madonna delle Grazie in piazza San Pietro
La Madonna delle Grazie in piazza San Pietro

La datazione della Madonna delle Grazie si regge tutta sul Santissimo Salvatore. Nel ‘400 Mariano Falconi, generale della Repubblica di Venezia, al ritorno dalle guerre contro i Turchi portò in dono a Magliano, la sua città, una tavola dipinta. Vi era raffigurato un Salvatore benedicente, con disegnato ai piedi un falcone, stemma della famiglia di Mariano. Insieme al Cristo, vuole la leggenda, Mariano donò anche il quadro della Madonna, strappata ai Turchi o donata dai cristiani orientali e, non si sa come, scampata prima ancora agli iconoclasti, quegli imperatori cristiani cioè che dal 726 distrussero tutte le immagini sacre d’Oriente.

Questa versione attribuisce il quadro a un pittore orientale precedente all’anno Mille. E che la pala sia stata trasportata a Magliano nel ‘400 lo dimostrerebbe il fatto che nello stesso periodo fu donato il Santissimo Salvatore. È la tesi di Antonio Maria Bernasconi [Bernasconi, Antonio Maria, “Storia dei Santuari della Beata Vergine in Sabina”, Siena, 1905, ristampa Castelmadama, 1987].ss-salvatore

Ma, vien da chiedersi, cosa ci faceva un maglianese a Venezia? E soprattutto perché era impegnato in quelle che non erano più crociate ma conflitti fra due potenze? Mariano era davvero di Magliano o era veneto? Sia come sia, la nobiltà dei Falconi venne ereditata dalla famiglia Paluzzi, insieme a questa leggenda.

Un dubbio. Le pale, sia del Salvatore che della Madonna, sono davvero quadri paleocristiani? A rispondere sì sono due autori, il già citato Bernasconi, canonico penitenziere della Cattedrale di Sabina, e il Moroni, autore del famosissimo ed enciclopedico “Dizionario di erudizione storico ecclesiastica”. Ma qui sconfiniamo con la seconda versione. Prima però vediamo cosa ha da precisare sui Falconi Sperandio.

La nobil stirpe de’ Falconi

Battle of Lepanto 1595-1605 Andrea VicentinoQuando è vissuto Mariano? La genealogia dei Falconi è conservata in un inventario nell’archivio del Monastero di Santa Croce, fondato, secondo lo Sperandio, da questa nobile casata. Ma Santa Croce risale al 1265, epoca assai remota rispetto al primo Falconi di cui si ha memoria, tal Rainiero, in vita nel 1480, figlio di Paoluzio Falconi marito di Maddalena Troili degli Orsini [Mortin, M. “Monastero di S. Croce di Magliano Sabina” Cenni Storici, Estratto dal “Bollettino Diocesano” per la Diocesi Suburbicaria di Sabina e Poggio Mirteto, anno 1966, numero 1 e Sperandio, Francesco Paolo “Sabina Sagra e Profana Antica e Moderna”, Roma, 1790, ristampa Bologna, 1967].

Lo stesso manoscritto indica poi che Pietro, nipote di Angelo Falconi, fu marito di Francesca, figlia di Andrea di Alviano; che Giuliano, figlio di Angelo Falconi, ebbe per moglie Giacoma nata da Bertoldo Orsini, principe di Monterotondo. I due ebbero questi figli: Gabriele, Guerriero, Silvio, arciprete e vicedomino di Sabina, Enea, giurista, autore di due trattati di cui uno datato 1543 e, infine, il nostro Mariano Falconi.

Quindi il generale Falconi, largitore del quadro, sarebbe vissuto alla metà del ‘500. Tutto a confermare che fu la sua una partecipazione a una lega cristiana contro i Turchi (battaglia di Lepanto?) e non una semplice militanza nella flotta veneziana, cosa che invece si dovrebbe ammettere accettando la tesi del Bernasconi. Eredi dei Falconi si dichiararono i Paluzzi. Famiglie Falconi, secondo lo Spreti, furono a Fermo, a Bari, a Taranto e a Lecce. Quelli marchigiani, provenienti da Parma nel 1391, non si mossero mai da Fermo; i baresi nel 1328 si trasferirono a Firenze, poi a Bologna, Lucca, Milano, Piacenza: lo stemma dei Falconi di Bari è simile a quello dei maglianesi. I leccesi, infine, ebbero un Giovanni Antonio che difese Otranto dai Turchi nel 1480. Dopo questa precisazione “cronologica” torniamo alla seconda teoria.

Quel cedro sa d’antico

Madonna di Montevergine-AvellinoSan Luca dipingeva. E dipingeva anche su legno di cedro. L’Evangelista aveva seguaci pure fra i pittori, i quali diedero vita alla scuola che porta il suo nome. Alla fine del 1800 il Moroni attribuisce la Madonna maglianese proprio alla scuola di San Luca. Ipotesi che sembra avventata anche al Bernasconi. Il quale proprio per l’essere l’opera su legno di cedro dice che sia da ritenere paleocristiana, ma un po’ più recente della scuola dell’Evangelista. “E questo appunto – scrive – viene attestato da persone d’autorità superiore a qualunque eccezione, questo si deduce dai suffragi dei periti d’arte”. Il più antico “ritratto” della Madonna ad opera dei primi cristiani è collocato da molti a Montevergine, vicino Avellino, mentre una copia si trova a Santa Francesca Romana, presso il Palatino: sono attribuiti entrambi alla scuola di San Luca. E anche per loro si parla di Turchi e di cristiani. Ma quelle due madonne, anche all’occhio dell’ inesperto, sono troppo diverse dalla Madonna delle Grazie.

Possibile che qualcuno l’abbia ritoccata nei secoli successivi? Alle madonne di Montevergine e di Santa Francesca Romana è capitato. Se ne sono accorti due grandi dell’arte e dell’archeologia italiana: Margherita Guarducci, smascheratrice della falsa fibula prenestina e individuatrice della tomba di San Pietro, e Pico Cellini, scopritore e restauratore del Caravaggio. È proprio da quest’ultimo, omonimo del benvenuto orafo, cesellatore e scultore del ‘500, che gli studiosi locali hanno preso spunto per formulare la terza ipotesi. Teoria, è bene precisarlo, che non è affatto a firma del noto restauratore, ma è stata ipotizzata sulla base di alcune circostanze storiche. Eccovela.

L’inverno di Federico

Piero, Double portrait of the Dukes of Urbino 03Mentre era a passeggio per Magliano, qualche anno fa il brillante professor Pico Cellini venne accompagnato davanti alla pala della Vergine. “Sembrerebbe il pennello di un allievo di Piero della Francesca” esclamò. Di sicuro il quadro risaliva al 400 e non era paleocristiano. Stesso discorso per il Santissimo Salvatore, trecentesco, rievocante i pennelli degli allievi di Simone Martini, ma visto dall’illustre esperto solo in fotografia. Fra i personaggi sotto il manto di Maria sembra spiccare un caratteristico berretto rosso: quello di Federico da Montefeltro, duca d’Urbino e protettore di Piero della Francesca. Narra Guerriero da Gubbio, cronista delle gesta dell’Urbinate, che il duca insieme al suo esercito trascorse a Magliano l’intero inverno fra il 1460 e il 1461.

Federico era impegnato a bloccare i Savelli nelle loro scorrerie per lo Stato pontificio, ma il gelo aveva fatto sospendere la missione. Anche la moglie Battista Varana, fra il marzo e il maggio del 1461, lo raggiunse in Sabina. I Montefeltro amarono e furono amati dai maglianesi. La Varana prese a ben volere le donne maglianesi. Federico lasciò persino un diploma di gratitudine al popolo di Magliano. Non sarebbe da escludere che il duca abbia lasciato anche un quadro, se non di Piero, di un suo seguace? Ma è proprio il duca quell’uomo sotto la Vergine? Il copricapo rosso era diffuso all’epoca e Federico, perdipiù, si sarebbe fatto ritrarre proprio da quel lato dove aveva un occhio leso? [nota del 2016: se si osservano le varie Madonne della Misericordia si nota invece che esiste una convenzione pittorica: schierare gli uomini a sinistra della Vergine e le donne a destra e quindi la posizione sarebbe plausibile].

E se quel personaggio fosse invece il buon Mariano Falconi? Tutto è possibile, ma mancano le prove.

Dentro la macchina un dipinto

Nel 1872 il Guardabassi vide il nostro quadro dentro alla macchina processionale e gli parve di scuola toscana. Era già stato interamente ridipinto e, nelle parti più guaste, ricoperto da una lamina argentata, aggiunta fra il 1672 e il 1790 [furono i Padri della Mercede ad applicarla, come informa Sperandio].

Luisa Mortari, invece, è convinta che la Madonna sia di scuola umbro laziale, con affinità con l’ambiente di Lorenzo da Viterbo, il quale dipinge folle e ampi spazi sull’esempio di Piero della Francesca, nonché somiglianze col pittore degli affreschi del palazzo ducale di Tagliacozzo. La data, buttata là guardando allo stile, è 1480 circa. In effetti prima del 1484 la chiesa era già stata dedicata alla Madonna delle Grazie. E punti di contatto con la tesi precedente e l’ipotesi formulata da Racioppa ce ne sono: Lorenzo da Viterbo era pierfrancescano [nota del 2016: l’opera è stata attribuita a Lorenzo da Viterbo da Federico Zeri, che ha visionato il quadro, mentre il riferimento a Ettore Racioppa è alla prima parte del catalogo, di cui è autore e dal quale è tratto questo stesso estratto a mia firma, che ne costituiva la seconda parte] .

In una parola la pala sarebbe stata commissionata a qualche pittore della zona, forse da un Falconi. Il quale l’avrebbe poi spacciata come bottino di guerra? Il manto della vergine sarebbe perduto, coperto com’è da una spessa pittura molto recente, e stessa sorte è toccata al fondo. Da esso riemergono, grazie ad un restauro precedente al 1957, parte della figura di Dio e alcune teste di figurine in basso. Ma anche nel 1858 già si vedeva quel che vediamo oggi. E allora, quelle sul Falconi che da Venezia porta questo dipinto alla sua città sono davvero fandonie? E il Salvatore, della metà del 1400 secondo la Mortari e restaurato nel 1957, affine per l’illustre studiosa ai modi da Francesco da Viterbo, fu donato davvero insieme alla Madonna? Cosa si nasconde sotto le vernici dei “restauri“ compiuti?

Venezia, scuola della Misericordia

La verità è forse nascosta fra i porteghi, i campi e le calli di Venezia. Nella Serenissima dal Mille fino alla dominazione napoleonica i veneziani si sono riuniti in una sorta di confraternite: le scuole. Una di esse era la scuola della Madonna della Misericordia e la Madonna della Misericordia di Magliano, detta Madonna delle Grazie per i miracoli compiuti, potrebbe appartenere a un ciclo pittorico commissionato nel ‘400 o nel ‘500 dalla scuola veneziana. La leggenda del dono di Mariano Falconi, generale veneto, e la datazione della pennellata tardo quattrocentesca e non paleocristiana potrebbero così coincidere [nota del 2016: datazione smentita dalle recenti ricerche]. I Falconi inoltre, mentre sono del tutto scomparsi a Magliano, hanno ancora omonimi nella laguna veneziana. (omissis)

[tratto da Edoardo Poeta, “Storia e Leggenda”, parte II, “La pala della Madonna delle Grazie”, Archeoclub d’Italia, catalogo della mostra “Studio per un recupero – Mostra fotografica di una tavola del XV secolo”, 2 settembre 1989, Madonna delle Grazie, Magliano Sabina]