Ho scoperto che esiste anche la triage di  Poste italiane. Proprio come al pronto soccorso: codice bianco, verde, giallo e rosso. In fila all’ufficio postale di un piccolo centro – di quelli con due sportelli aperti – premo il bottone per la prenotazione: devo spedire una raccomandata. Tengo il biglietto con pazienza, frattanto vedo sfilare davanti a me progressivamente tutti quelli che sono arrivati più tardi. Lì per lì non ci bado, distratto come sono dai miei pensieri. Poi l’illuminazione – in senso letterale – guardando il tabellone “smalticode”: stavano passando avanti quelli che avevano prenotato operazioni di cassa e, poi, i vecchietti per il ritiro della pensione. Nonostante campeggiasse ancora la parola “Poste” in ogni dove, e qualcosa avrà dovuto pur significare, la missiva che frattanto mi rigiravo tra le mani sudate era stata messa a fine fila. Un codice bianco, si direbbe al pronto soccorso. Peccato che avessi fretta e fossi arrivato pure prima degli altri. Ma il core business di  Poste italiane sono i quattrini, non le lettere. Avrei dovuto saperlo.

Ieri mi è arrivata da Parigi una gradita cartolina. Amici italofrancesi, lassù per un matrimonio, mi avevano mandato saluti e un’immagine dell’amata Notre Dame. Guardo il timbro di partenza: i primi di giugno. Un mese o quasi. La Corte dei Conti francese, è un’anticipazione de Le Figaro Economie, starebbe per richiamare all’ordine La Poste: una contrazione degli affari clamorosa, tempi che si allungano, impiegati che “lavorano poco”. E tagli, tanti tagli già fatti, che spiegherebbero per i sindacati le ragioni del presunto disastro. Ma c’è la privatizzazione alle porte, come se quella fosse la panacea per questi mali. Oggi le tariffe francesi – pubbliche – sono più basse di quelle tedesche, dove invece DeutschePost è privatizzata.

Venissero in Italia i cugini transalpini per rendersi conto di cosa sono capaci le aziende postali quando cercano di mettersi in affari: si dimenticano di consegnare la posta, altro che miglioramento. Io ricevo mazzetti di corrispondenza circa ogni due settimane degni di una piccola azienda: e siamo una famiglia normale, di quelle che non stanno neanche sull’elenco telefonico (e quindi a basso impatto di pubblicità in cassetta). Non destinatari delle esternazioni di qualche grafomane, piuttosto di qualche portalettere a scoppio ritardato. Che dire poi delle sofferenze cui sono condannati i piccoli centri, quelli dove non conviene – per chi guarda solo al far cassa – far funzionare un ufficio postale? Chiedetelo, ad esempio, ai residenti del Messinese che – la scorsa estate – hanno visto la chiusura di ben 17 uffici “in via sperimentale”. Casi che finiscono regolarmente in Parlamento, tra le proteste degli stessi esponenti della maggioranza, e che si concludono sempre con un bel nulla di fatto a favore delle vittime di  Poste italiane. Cioè tutti noi. Vittime manco con codice rosso della triage. Bianco ce lo danno.