Mi chiamo Eddie Tower. E da tre giorni vivo su Second Life. Attratto da questo universo parallelo, dal fatto che anche Reuters abbia aperto una filiale da quelle “parti”, ho deciso di creare la mia seconda identità. Sono di natura timido, per cui – come hanno osservato alcuni studiosi – ho trasportato questa mia caratteristica anche nella dimensione alternativa. Ma superato l’ostacolo del mio inglese traballante ho iniziato ad incontrare “persone”. Una ragazza cosparsa di piercing e tatoo – americana, così diceva di essere – alla mia domanda sul perché fosse in Second Life mi ha liquidato con un fantastico “I don’t know” prima di volar via. Al secondo incontro ho avuto a che fare con una sedicente brasiliana che girava completamente nuda. Ma non capiva né l’italiano né l’inglese né tantomeno il francese. La mia domanda era sciocca: «Perché giri nuda?». Alla fine imbrocco un americano residente in Germania. Per lo meno così ha detto. La sua sensazione coincideva con la mia, dopo aver girato per le vetrine di chi in qualche maniera cercava di spillarmi soldi per un niente virtuale: una noia mortale. Sono tornato, ma non l’ho più incontrato.