Foto di oSiNaReFVentimila. Tanti sono i “pedofili virtuali” che l’organizzazione non governativa Terre des Hommes ha preso nella rete (e dalla Rete). L’esca una bambina virtuale. Sweetie è una ragazzina di 10 anni che non esiste nella realtà. O meglio, esiste solo nel mondo virtuale. E’ stata “ingaggiata” (utilizzata sarebbe non politically correct) per rendersi disponibile a compiere atti sessuali davanti ad una webcam. E, puntualmente (purtroppo), frotte di lupi – circa ventimila da 71 Paesi in 10 settimane – si sono avventati sull’esca digitale.

Si tratta di uomini di ogni età e di varie professioni. Si dichiarano padri di famiglia, ed un migliaio tra loro sono stati identificati con indirizzo, numero di telefono e pure fotografia. Il dossier è stato consegnato alle polizie di mezzo mondo, anche se – adesso – vien da chiedersi cosa mai ne faranno. Infatti se la vittima è virtuale, il reato è reale? Problema non da poco dal punto di vista giuridico, ben oltre quello del classico dilemma degli arresti effettuati perché effetto delle reazioni ai comportamenti di un agente provocatore. Per certi versi non ci sarebbe da meravigliarsi se qualche avvocato – in caso di provvedimenti giudiziari – si rifacesse a quanto accade in Minority Report, nel quale – appunto – i “colpevoli” vengono arrestati prima ancora di compiere un delitto. O, per rimanere nel mondo di Philip K. Dick, al racconto “Il fabbricante di cappucci”. E’ che ancora una volta virtuale e reale tendono a confondersi, ponendo nuovi problemi.

A guidare la poco onorevole classifica sono gli americani (a seguire altri anglofoni: britannici e indiani). Esattamente quello stesso popolo dove il valore di un’abitazione non è determinato soltanto dalle sue condizioni, dalla posizione, dai servizi, dalla domanda e dall’offerta. Ma pure dagli orchi e maniaci sessuali vari.

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