In cella per il furto di due cetrioli e due zucchine. E’ toccato a due trentasettenni di Castrocielo, provincia di Frosinone, colti dai carabinieri ad estirpar ortaggi da un terreno di un contadino di Ausonia, sempre in Ciociaria. Anni or sono – nel Reatino – una donna fu arrestata per furto di mutande. Usate. Entrambi senza lavoro, i protagonisti dell’episodio ciociaro sarebbero stati trovati in possesso di cassette da rivendere “sottobanco”. Ed i militari di Pontecorvo hanno anche diffuso le foto dei due pericolosi personaggi. Nella stessa regione – il cui Garante dei diritti dei detenuti si è giustamente indignato per la vicenda – pende, d’altro canto, una proposta di legge per l’istituzione del vigile campestre. Doviziosa poi, in una stagione xenofobica come l’attuale, la precisazione del cronista nel riportare il fattaccio: sono entrambi italiani.
“Sono Pazzi Questi Romani”. L’idea – geniale – di trasformare l’acronimo S.P.Q.R. fu, nel 1964, del traduttore italiano di “Asterix il gladiatore”, Marcello Marchesi. Alle prese con il grido di Obelix Ils sont fous ces Romains introdusse quel che sarebbe diventato, in Italia, uno dei tormentoni delle tavole di Goscinny e Uderzo. Il vicesindaco della Capitale, Mauro Cutrufo, nell’annunciare ieri che avrebbe commissionato a Doxa, Manneihmer, Piepoli o altri di verificare se c’è spazio per un parco a tema su Repubblica ed Impero dell’antica Roma è stato fatto passare per una sorta di Caius Obtus. Vale a dire il “talent scout” dei gladiatori che appare nel medesimo episodio di Asterix dove venne inventato “Sono Pazzi Questi Romani”. L’idea di un Ceasar Palace de Noantri fa rabbrividire, specie in una stagione dove a fronte dell’abbattimento del “muretto” di Meier all’Ara Pacis si contrappongono emblematicamente colossei di vetroresina. Eppure, un parco a tema su Roma Antica esiste già. Dove? Ma a Parigi, proprio nello stesso spazio divertimenti dedicato ad Asterix ed Obelix (Parc Asterix): accanto alle riproduzioni di Gallia, Grecia Antica e Vichinghi.
Recom, alleato di Freezer, ha fatto la stessa fine della Medusa. Il suo sguardo pietrificante è stato riflesso da uno specchio, imprigionandolo così in un involucro di pietra. Il paragone con lo scudo di Perseo non mi è stato però proposto da qualche erudito grecista, bensì da mio figlio di nove anni e mezzo. La sua generazione mi sta dimostrando un’inattesa dimestichezza con le complicate storie di dei olimpici ed umani che tanto ci affannarono ai temi del liceo. Si appassionano, si aggiornano e – proprio come accade a proposito di Dragon Ball, Dragon Ball Z e Dragon Ball GT – c’è anche chi “inventa” pezzi di mitologia. A proporglieli è la maestra, che ha approcciato la storia della Grecia passando per il mito.
L’ipotesi che la frequentazione con gli intrecci dei manga possa aver coltivato un’abilità nel dilstricarsi con relazioni e profili dei miti classici si è fatta lentamente largo. Constatato che il cartoon anni Ottanta Pollon non c’entrava (cosa che mi era stato suggerito di verificare), il sapere che nella serie giapponese – oggetto ora di furiose raccolte di playcard – figurano la discesa di Goku agli Inferi, che nella storia personale dell’eroe c’è un fratricidio verso Radish (evocatrice di Romolo e Remo) o che le battaglie vedono coinvolti una qualche sorta di deus ex machina mi ha confortato nella mia (forse) illusoria convinzione. C’è anche una presenza di androidi, con tanto di sentimenti ed affetti, tanto per richiamare altre epiche cyberpunk.
Non è però tanto l’utilizzo di schemi narrativi consolidati, di richiami epici, di citazioni più o meno implicite (ancorché, magari, involontarie) a far balenare un’insospettata funzione “formativa” dei manga.
Lo ha detto Wired. Con queste stimmati di verità digitale impresse sulla carta, la notizia del sorpasso dei manga sui comics americani è diventato emblematico. Vi si potrebbe perfino trovare la ragione di una mutazione genetica disneyana: i cartoon Disney saranno infatti reinterpretati da artisti giapponesi per un mensile che proporrà alla prima uscita “Kingdon Hearts”, saga fantasy del Sol Levante.
Confesso di aver sempre guardato con un certo “interessato” sospetto il mio piccolo – ed i suoi coetanei – nei panni di fan delle serie giapponesi di Dragon Ball. Effetto del merchandising? Può darsi, pensavo. Di fatto la loro passione per le neomitologie nipponiche mi preoccupava un po’, finché – l’altro giorno – ho avuto piena contezza del mio analfabetismo di ritorno e della potenza della frequentazione (probabilmente) con Goku e compagni.
La storia dei Greci in quarta elementare era stata infatti introdotta con ricorso all’Olimpo ellenico. Mio figlio mi soverchiava di domande, affermazioni, dissertazioni sull’Iliade. Ma la cosa più strepitosa è avvenuta quando ho scoperto che la classe intera era divenuta un nido di fan del poema omerico, attratta dagli intrecci mitologici tra umani, Apollo, Afrodite eccetera. Effetto della “coltivazione” compiuta dai manga? Può darsi.
Di rado sono stato d’accordo col mio (mancato) professore di “Storia dei partiti e movimenti politici”. Ma stavoltaFar piangere i camorristi è come se l’avessi scritto io.