E ciò ci accade non solo perché Robonaut2 non porta sul petto lo stemma della U.S. Robots, l’azienda immaginata da Isaac Asimov, bensì quello di una vettura che magari stai guidando. D’altronde sono anni che Honda ti propina il suo Asimo. Ma resti perplesso, se ci badi un po’, perché magari avviene tutto così “naturalmente”, quasi passandoci sopra. Non solo confortando qualche visione della fantascienza, ma anche smentendo narrazioni di fiction televisive consolidate come Spazio 1999: quell’anno è infatti trascorso senza che il satellite della Terra sia uscito dalla sua orbita come preconizzato dalla serie tv. Insomma, siamo ormai quasi dei tecnoindifferenti.
D’altro canto mi tornano in mente le discussioni – forse bizzarre per l’età, eravamo undicenni, ma l’Austerity (1974) era di quegli anni – tra me e un mio geniale compagno di banco. Arrivai a scuola sostenendo di aver scoperto il modo per “far andare” un’auto senza benzina. Smontavo biciclette, a quei tempi. Metter dinamo sulle ruote per recuperare energia da mandare ad un propulsore elettrico mi sembrava la grande soluzione che nessuno aveva trovato. Il mio “Eureka!” alla Archimede (disneyano) fu smentito dal mio amico con l’enunciazione non so di quale legge fisica, che lui già conosceva (ovviamente). L’attrito avrebbe dissipato quel che pensavo di recuperare.