Foto di emilius da atlantide«Italia, nome geografico come quello di Germania». Furono queste le parole che Klemens Wenzel Nepomuk Lothar von Metternich-Winneburg-Beilstein, insomma il celebre principe di Metternich, scrisse  nell’agosto del 1847 parlando della Penisola. I moti risorgimentali la vollero trasformata in un insulto ben più grave e greve: “l’Italia è soltanto un’espressione geografica”. E così è stato per almeno 150 anni, finché Fausto Brunetti, consigliere al ministero degli Esteri, non ha scoperto il “falso”.

Un altro fenomeno però, alle soglie del 2014, ha preso corpo. Lento, sottile, emergente come solo le parole sanno fare. Ed è l’uso di “Paese” per indicare quella che – fino a qualche anno fa – chiamavamo Italia. Il “nome proprio” del Bel Paese è sedimentato in libri, giornali e periodici eppure il distacco con quello “comune”  è minimo: il rango d’uso di Italia infatti – per l’Istituto di Linguistica computazionale di Genova – è a 141 e Paese la incalza a 148 (EsploraCoLFIS). Patria, dopo l’abuso politico e storico che ne abbiamo subito, neanche a parlarne: è una parola precipitata alla posizione 2427.

Certo questi numeri, per i nomi comuni, si riferiscono anche ad altre patrie ed altri paesi (oltre che avere altri significati). Ma colpisce ad esempio quanto spesso nei commenti sui social network si dica poco Italia e molto più spesso Paese. Almeno quel che empiricamente mi risulta, non ho certo i dati di Memology 2013, la speciale classifica delle parole più usate su Facebook. Né compare tra gli argomenti di Facebook Stories. Gli status del social network sono però già stati usati come indicatori di personalità  e, per certi aspetti, di approccio al mondo. Quindi quel che constato non è scientifico, ma legato al cluster – al grappolo – delle mie frequentazioni. Una tendenza. O un campanello di allarme, se si preferisce.

Per dire Italia, infatti, come per dire Italiani, ci vorrebbe la forza di riconoscerci in questo Paese (ancora una volta questa parola, sic). Nel senso di dare ad esso una soggettività, un’identità, una voglia di futuro. C’è pure che come per Patria, la storia recente ha demolito anche questo appellativo: in termini istituzionali quanto culturali. Pure il piacere di tifare la Nazionale, ultimo baluardo pop, gridandogli “Forza”, ci è stato scippato. E così ci fermiamo al nome comune, con la maiuscola (perché qualcosa evidentemente ci resta dentro), quasi o che ci si vergogni di nominarlo o che, semplicemente, vogliamo indicare lo spazio fisico che ci troviamo a condividere. Insomma una sorta di barca. Se non di barcone. E, se non ci diamo una scossa, una scossa fatta di serietà che abbandoni furbizie, piccoli tornaconti, populismi e dietrologie mistiche, che ci trasformi in una società aperta, laica e solidale, Italia rischia di tornare ad essere un nome geografico. E non più come la Germania.