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Yahoo! è finita per l’ennesima volta sul banco degli accusati in occasione della cybermanifestazione contro i 13 Stati canaglia del web. L’indice è puntato – e da Reporters sans Frontières – contro la cosiddetta collusione col regime cinese che comprimerebbe la libertà sul web dei cittadini di quel Paese. Ma l’azienda statunitense non incassa in silenzio e si difende utilizzando i concetti di “presenza” e di conseguente “influenza”. Essi sarebbero fattori che operano – par di capire tout court, “a prescindere” da altri condizionamenti – per i principi di libertà di parola e di espressione. E’ qualcosa che ricorda teorie liberali classiche, come quella economica della mano invisibile. Invece che con le armi la democrazia occidentale può esser portata infettando i regimi autoritari col germe del libero mercato. In fondo è stata la bandiera della missione in Cina della delegazione governativa italiana e della stessa Emma Bonino, in genere tutt’altro che tenera in materia di lotta alle violazioni dei diritti umani. Eppure stavolta c’è qualcosa che suona male in questa speranza di magnifiche sorti e progressive, sebbene di stampo liberal. Si tratta del concetto di mercato nell’era del web applicato al libero pensiero: l’effetto del passaparola, del word of the mouth del cosiddetto marketing virale, scardinerà pian piano i vincoli alle libertà di opinione – sembrano volerci dire quelli di Yahoo!. Ma i due livelli – libertà di espressione e libertà economica – non vanno di pari passo: l’esempio della Russia capitalista o del paradosso del comunismo cinese incluso nel WTO sono luminosi segnali in senso contrario. Senza una cultura della libertà di pensiero, senza una democrazia compiuta e matura, il mercato precipita verso le sue degenerazioni: il monopolio e l’allargamento della forbice tra sempre più ricchi e sempre più poveri. E quando in gioco c’è solo il libero mercato, l’impresa Yahoo! ha un solo interesse reale (“a prescindere” dalla libertà di parola): restare sulla ricca ed allettante piazza cinese.