Servivano giardinieri, hanno mandato militari. Il piazzale della stazione ferroviaria de “La Storta” a Roma è un tripudio di fili d’erba. Escono dai marciapiedi, dall’asfalto, si prolungano dai cigli della strada. Un colpo di falce, un po’ di acqua e fiori nelle aiuole? Niente di tutto ciò. Per togliere di mezzo il senso di degrado arrivano i soldati. Dovrebbero dar sicurezza. D’altro canto questa stazioncina a nord di Roma è passata alla storia per uno stupro – quello subìto di una ragazza del Lesotho – caduto, non senza effetto, nel bel mezzo della campagna elettorale per l’elezione del sindaco della Capitale. Servizi televisivi, accuse incrociate, perfino i sospetti di una combine anti Rutelli. Una sola nota è finita in secondo piano: quell’orribile violenza sessuale – perché tutte le violenze sessuali sono orribili quanto un omicidio – non è avvenuta nella stazione de “La Storta”, ma in via della Storta. E non è proprio lo stesso posto. Perché allora non hanno mandato i militari in quella strada di campagna, semibuia e mal frequentata? Misteri della sicurezza.