Quando ho visto i miei figli appiccicare sull’armadio della cameretta quei due pezzi di carta, scritti fitti come pandette, ho temuto il peggio. Per un attimo ho vissuto con l’idea della secessione in casa: vedrai che adesso proclamano l’indipendenza della loro stanza dal resto dell’abitazione. Già computavo a mente la quota loro spettante – da recuperare da bussolotti e portamonete, se non addirittura dal libretto alla posta – per pulizie della stanza, riscaldamento e consumi energetici. Ed invece erano regole, non proclami. Stufi di litigar per ogni cosa, avevano concordato delle norme di convivenza.

Non so se preoccuparmi perché non danno segni di anarchismo o piuttosto gioire perché sono davvero imprevedibili rispetto al cliché del ragazzino ribelle e insofferente alle regole. Fatto sta che un peccato di ingenuità lo hanno commesso: alla prima controversia sull’interpretazione delle norme, si sono di nuovo accapigliati. Non nel merito, ma sulla fattispecie da applicare. Ci vorrebbe un giudice, che se lo trovassero.

Ma come? A dar retta ad una come Letizia Moratti, già ministro alla (d)istruzione (della scuola italiana), dovrebbero eleggerselo. «Noi siamo eletti dai cittadini e a loro rispondiamo. Purtroppo i giudici non sono eletti, non rispondono ai cittadini» ha detto il sindaco di Milano, dopo che il tribunale meneghino ha ribadito una regola arcaica, ma essenziale: pacta sunt servanda, i patti vanno rispettati. Anche se si stipulano con i Rom.

Essendo in due, i miei piccini potrebbero in effetti scegliersene uno – di giudice – d’amore e d’accordo. Si chiama “arbitrato” e, a parte qualche brutto incidente di percorso, in genere funziona. Se però si fosse più di due parti a dover indicare, magari a priori e in assenza di controversie, chi sarà il magistrato se ne vedrebbero delle belle. Infatti l’interpretazione del diritto, che da noi deve esser una regola scritta “prima”, a differenza degli Usa dove valgono pure le sentenze “precedenti” (e là i giudici se li eleggono), sarebbe lasciato alla maggioranza. Con buona pace delle minoranze. Anche etniche. Vediamo che decidono.