Foto di tastygoldfishE la (riuni0ne di) redazione non c’è più. In tempi di crisi acuta per il giornalismo tradizionale (americano)  Ventiquattro – il magazine de Il Sole 24 ore –  racconta di  Spot.us con un servizio a firma di Livia Manera. «Chiunque può suggerire un oggetto di indagine, versare 25 dollari e, se altre 99 persone faranno altrettanto, ingaggiare un professionista». L’idea la può lanciare un cittadino, ed è un tip, o un giornalista che vuol farsi finanziare (ed allora è un pitch).  Il modello ispiratore è quello di Kiva.org, di DonorsChoose.org, associati forse un po’ a sproposito all’economia del dono dall’inventore di Spot.us, David Cohn. Qualcosa di simile invece è l’investigative fund cui sta pensando l’Huffington Post: un fondo per pagare le inchieste dei reporter. Ma Spot.us fa qualcosa di diverso: elimina il conciliabolo tra capi per decidere gli argomenti del giorno. Cancella pure il desk:  si serve di fact checkers, dei controllori (come ne ha Huffington) esterni. Insomma, se il blogging ha creato l’autore senza editore, la formula di Cohn –  per ora no profit – va verso l’editore senza autori e redattori (alle dipendenze).

Lasciare all’iniziativa dei lettori o alle proposte degli autori il suggerimento degli argomenti da approfondire realizza un’ipotesi ricorrente sul futuro dei professionisti dell’informazione: una sorta di iperspecializzazione dei giornalisti, ma esaltandone la condizione di freelance. La soluzione rischia, alla pari, di mettere però in piedi un grandioso daily me collettivo, dove si legge soprattutto quel che ci va di leggere, seppure per gruppi di interesse (di almeno 100 persone), e che corrisponderebbe alla nostra monotona visione del mondo. Se da un lato l’assunto è già stato smentito (“non esiste blogger o lettore monotematico”, si è obiettato), dall’altro è dimostrabile come anzi  la rete sia un’occasione di confronto pluralistico più ricca dei mezzi tradizionali. E’ che la formula di Spot.us si presta meglio ad approfondire temi secondo la logica dell’emersione dal basso, ma sulla spinta di gruppi di pressione abbastanza motivati (visti i 25 dollari pro capite da versare), più che a lanciare notizie esclusive (tranne che negli scoop che siano frutto dell’inchiesta stessa). Quindi presume una preliminare conoscenza dei fatti da parte del committente ed una disponibilità a rendere pubblici i temi che si vorrebbero affrontare.

Per una coincidenza il settimanale di Confindustria ha rilanciato una notizia già nota proprio nello stesso giorno in cui Fnsi – il sindacato dei giornalisti – e la Federazione italiana editori giornali hanno raggiunto un accordo dopo anni di braccio di ferro. Il punto qualificante? Pari dignità per tutti  i giornalisti, su qualsiasi mezzo operino, con il superamento delle differenze. Anche retributive. Ma la disciplina per i rapporti di lavoro  fra le aziende di giornali elettronici ed i redattori non è più contenuta in un allegato a parte, ma rinviata per il multimediale a programmi editoriali – diversi da azienda ad azienda – che specifichino l’organizzazione del lavoro, tra cui le modalità di integrazione tra le testate. In altri termini saranno le rappresentanze sindacali aziendali ad affrontare il nodo delle sinergie, che – fuori dall’Italia – hanno significato anche unione di desk tra online ed offline e tagli di personale nella stagione dei giornali in trincea.