Nella scuola di mio figlio c’è un ripetente. Fa la prima elementare. Per quanto possa sembrare incredibile accade già, anche senza quel “5” in una sola materia che il decreto Gelmini coverebbe in grembo. «E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati» direbbe, se fosse ancora tra noi, quel don Lorenzo Milani che Marcello Veneziani ha indicato, nello spasmo di dire qualcosa di originale, come ideologo dell’antimeritocrazia.
“Come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che i governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno?”. La risposta a questa domanda di Karl Raimund Popper (‘La società aperta e i suoi nemici’) può essere – tra le altre – la democrazia digitale. Il “limite” del web, inteso come rete di risorse semantiche e non come internet, è quello di essere rappresentato da cluster: tanti gruppi aggregati attorno ad un tema o interesse, così da farlo somigliare ad una riedizione della “sfera pubblica”. Eppure, di contro, è noto il potere mobilitante della comunicazione in rete. Nonostante ciò, va tenuta in debito conto la distorsione di prospettiva che la facilità di far click per aderire ad una qualche campagna può indurre.
Porto il cognome che è di mio padre, fu di mio nonno, del mio bisnonno e finanche del mio trisavolo. Ma sono un retrogrado. La prima sezione civile della Cassazione, infatti, vuol riconoscere ai figli il diritto di portare il cognome della madre al posto di quello del padre. «Il sistema di attribuzioni del cognome – aveva già sentenziato la Consulta nel 2006 – non è più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna». Il mio esclusivo cognome “paterno” non è approvato da 27 capi della Ue, dalla convenzione di New York e pure dal Trattato di Lisbona. Chiedo scusa.
«Il giornalismo scritto è ancora il nucleo duro del giornalismo italiano. La carta, tuttora, conserva un elemento di autorevolezza e credibilità che non si può attribuire a Internet. E’ quello che ci è rimasto e che va conservato con molta attenzione. Forse è l’ultimo bene che ci è rimasto».
L’affermazione è di Giulio Anselmi, uno dei direttori che più stimo. E’ alla guida de La Stampa, il giornale che ha pubblicato in prima pagina la clamorosa bufala di Sara Palin “modella” sulla copertina di Vogue. Era un lavoretto in Photoshop di un simpatico blogger tragicomicamente preso sul serio dal quotidiano torinese. A tal proposito Pandemia ha già elencato i casi quando tirar fuori dal cassetto questa storia:
Sì, ma i giornali sono meglio dei blog perché c’è il filtro editoriale;
Sì, ma i giornali hanno una propria credibilità e una storia che li rende autorevoli;
Sì, ma chi c’è dietro ad un blog? Come fai a capire se quello che scrive è vero o no? I giornali invece…
La carta stampata, sì che è vero giornalismo; alle redazioni Internet ci finiscono solo i polli…
Internet? Sai quante bufale girano? Non è affidabile, specie i blog.. vuoi mettere con i giornali?
Le notizie si recuperano sul campo, in presa diretta; i blogger col giornalismo casalingo non potranno mai raggiungere quel livello…
Citizen journalism? Boiate! Per fare il giornalista devi essere iscritto all’Ordine, solo così c’è la garanzia di qualità verso il lettore…
Adesso possiamo aggiungere anche la frase di Giulio Anselmi. Infatti lui, dell’inaffidabilità di internet, ne sa già abbastanza.
In cella per il furto di due cetrioli e due zucchine. E’ toccato a due trentasettenni di Castrocielo, provincia di Frosinone, colti dai carabinieri ad estirpar ortaggi da un terreno di un contadino di Ausonia, sempre in Ciociaria. Anni or sono – nel Reatino – una donna fu arrestata per furto di mutande. Usate. Entrambi senza lavoro, i protagonisti dell’episodio ciociaro sarebbero stati trovati in possesso di cassette da rivendere “sottobanco”. Ed i militari di Pontecorvo hanno anche diffuso le foto dei due pericolosi personaggi. Nella stessa regione – il cui Garante dei diritti dei detenuti si è giustamente indignato per la vicenda – pende, d’altro canto, una proposta di legge per l’istituzione del vigile campestre. Doviziosa poi, in una stagione xenofobica come l’attuale, la precisazione del cronista nel riportare il fattaccio: sono entrambi italiani.