Anche l’ultimo lavoro di Henry Jenkins (tradotto da Bernardo Parrella e introdotto da Giovanni Boccia Artieri) è stato pubblicato. Parrella ha fatto ovviamente di più traducendo anche la videointervista, non inserita nel volume, ad uso e consumo di quanti abbiano interesse per Second Life come momento di cultura partecipativa e convergente. Dimenticavo il titolo: “Fan, blogger e videogamers” (con al plurale solo i videogiocatori, ma il traduttore non ha nulla a che fare col titolo…). Vedi l’intervista. Post scriptum: Henry annuncia anche che sta lavorando ad “un libro di alfabetizzazione mediale per genitori, in modo che questi possano aiutare concretamente i figli a fare un uso propositivo e creativo dei media”.
Le agenzie riportano stamattina una notizia che rappresenta un fantastico cortocircuito dell’agenda mediatica. I temi caldi che affannano i nostri politici sembrano infatti essere finiti tutti nella stessa vicenda. La Squadra Mobile di Verona ha arrestato un gruppo di rom che sfruttava due coppie di bambine tra gli 8 e gli 11 anni per commettere furti in appartamento. Quando le minorenni venivano colte in flagranza di reato da parte delle forze dell’ordine i genitori le disconoscevano. Ma le quattro zingarelle avevano con sé due cellulari. Telefonini sui quali erano memorizzati diversi numeri, alcuni dei quali comuni ad entrambi gli apparecchi e che sono stati quindi annotati dalla Polizia. Una volta scappate dal centro di accoglienza, i poliziotti hanno iniziato ad intercettare le loro telefonate – visto che ancora non è vietato – scoprendo sia che ricevevano istruzioni a distanza sul come compiere i furti sia, finalmente, i genitori che le sfruttavano. Quel che insomma le impronte digitali non possono (ancora) fare, fanno le impronte digitali .
Questione di equilibrio. Il Senato della Romania, come ben noto, ha stabilito che radio e tv devono bilanciare le notizie “cattive” con quelle “buone”. Ma la stessa notizia dell’approvazione della norma – non ancora promulgata dal Capo dello Stato – è intrinsecamente “equilibrata”: è una pessima novità per la libertà di stampa ed il libero pensiero, è un’ottima informazione per il deputato liberale Ion Ghise (al governo) ed il senatore Gheorghe Funar del partito nazionalista Grande Romania (all’opposizione) che l’hanno propugnata. D’altro canto, se la stessa regola valesse in Italia, sarebbe interessante capire come gestirebbero timoni e menabò rispettivamente i direttori de ‘Il Riformista’ e di ‘Avvenire’ di fronte – che ne so – al medesimo titolo d’apertura: “Il Governo boccia i Pacs”.
Quale cultura per i mondi virtuali? Se lo chiedono Mark Bell dell’ Indiana University e Mia Consalvo della Ohio University con una Call for papersche scade il 30 settembre. I due ricercatori, il primo dei quali ho conosciuto ed apprezzato personalmente (sebbene solo in maniera virtuale, come di rigore) quale collaboratore di Ted Castronova, sono “Guest Editors” del Journal of Virtual Worlds Research (jvwresearch.org) per un numero speciale in calendario il 20 novembre prossimo. Tema: Culture of Virtual Worlds.
Mio figlio è nato accanto ad una rom. Nella stessa stanza di un ospedale romano – ritenuto il migliore per mettere al mondo un cucciolo di uomo – mia moglie al primo figlio, quella zingara al “non so che numero”. L’idea che un domani a quella bambina possano essere prese le impronte digitali per legge ed al mio bambino nulla mi sconvolge. Dove sta la differenza tra loro? Nel colore della pelle dei genitori, nel fatto che la madre di quella bimba si fumò subito una sigaretta non appena partorito e la sua no, oppure nonostante le apparenze «non si tratta di una schedatura etnica – come ha detto il ministro dell’Interno, Roberto Maroni – bensì di un’ulteriore garanzia per la tutela dei loro diritti e per garantire a chi ha il diritto di stare in Italia migliori condizioni di vita»? Ne ricavo che mio figlio avrà meno diritti di quella ragazzina che ora – magari con gonna variopinta – avrò incrociato in giro per la città . Infatti non verrà schedato, nessuno gli prenderà le impronte digitali sotto l’occhio vigile della Croce Rossa. Mi dovrebbe rassicurare anche il fatto che un ex responsabile della (d)Istruzione italiana, tal Letizia Moratti, abbia chiarito che «mi sembra che tutto quanto detto dal ministro possa anche andare in direzione della tutela dei bambini. Molti di loro, purtroppo, sono sfruttati e quindi questa identificazione serve anche a dare un’opportunità alle forze dell’ordine e a chi se ne deve occupare a livello sociale di sapere chi sono i bambini sulle strade».