“Purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gli Italiani”. Il motto di Massimo D’Azeglio, anziché esser un’amara considerazione, oggi è insieme un’esortazione e una condizione della Nazione. A cantare le parole di Mameli – come fosse la Marsigliese, ma sono versi di un ventiduenne morto per difendere quella Repubblica romana del 1849 che della nostra Costituzione è matrice – scopriamo oggi un’eterogeneità di persone, che solo poco più d’un decennio fa mai avremmo immaginato con “Fratelli d’Italia” sulle labbra.

Un rimescolamento tra destra e sinistra, tra sud e nord, “italiani” ed immigrati.  Immagino bandiere tricolori sulla finestra di qualche famiglia pakistana e, paradossalmente, sono certo dello spregio del vessillo da parte di qualche trota leghista, ignara che più di 22o tra i Mille furono bergamaschi. E per continuare “a fare gli italiani” con una scuola pubblica, garanzia di libertà per tutti – ma proprio tutti,  sento ripetere le parole di Pietro Calamandrei. Un contrappunto a quelle di un capo del governo che, altro paradosso, oppone – in un conflitto eversivo – i valori della scuola statale a quelli delle famiglie, senza neanche rendersi conto del sorriso velato di chi – ascoltandolo – si vede scorrer davanti “L’educazione sentimentale” de “I Mostri” di Dino Risi. L’Italia è fatta, gli Italiani dobbiamo continuare a farli.

Ed allora – in una giornata nella quale si cercano parole per dare un senso alla Patria – c’è una frase che sono convinto sia interprete dello spirito nazionale e che, se mai  qualcuno la toccasse, merita di esser difesa strenuamente. Ed è questa, fondamentale per “fare gli Italiani” come processo instancabile:

E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Viva l’Italia! Viva la Costituzione repubblicana! (E un po’ pure quella della Repubblica romana).