Foto di panavatarL’Italia è una repubblica fondata sulla ruota della fortuna. Ed ora che è morto Mike Bongiorno –  “padre della patria”, tanto da volerlo senatore a vita (Sognarsi Bongiorno al question time) – ci si rende conto sempre più che essa si è evoluta in una democrazia a “pacchi”. Le matrici, anzi i format, sono statunitensi: Wheel of Fortune e Deal or No Deal. Altro che Calamandrei, Einaudi, Pertini e gli altri padri costituenti.

Ma gli sviluppi sono tutti all’italiana. Per aver successo non c’è merito che tenga. Il motto di Appio Claudio Cieco, Quisque faber fortunae suae (ciascuno è artefice della propria sorte), sembra ormai lingua morta per i più. O “ti fai da te”, come sostiene il premier offrendosi quale (discutibile per alcuni) modello, o – se non ci riesci – devi sperare nella dea bendata.  Non sembrano esserci vie di mezzo.

I supermercati Tigros di Varese hanno messo in palio 10 posti di lavoro con una lotteria tra i clienti. Altro che curricula per trovar un impiego. Ci vuole un bel colpo di sedere. La tv, in fondo,  è grande maestra di vita: non devi saper far nulla, non importa se non sai far nulla. L’exemplum vitae del tronista, della velina, della sgallettata che emerge solo per le sue grazie è ormai radicato. Che ha radici “nobili”, in un certo modo legate al Bongiorno nazionale seppur costui valorizzava la bravura dei concorrenti per “contrappunto”.

«Egli rappresenta un ideale – scriveva infatti Umberto Eco, nel 1961 – che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti».  Nel 2006 dei Pupi e delle Pupe,  ecco cosa è poi diventato lo schermo televisivo nella sua “evoluzione”. «La tv del duemila – scrive Massimo Gramellini a proposito di “Bulli e Pupe” – è un mondo infantile, programmato per massaggiare l’autostima di bambini dai cinque ai novant’anni. I conduttori scandiscono le sillabe come se parlassero a una platea di poppanti e poiché la nuova regola è che ogni concorrente faccia solo quello che non sa, i secchioni sollevano pesi e le pupe rispondono ai quiz». E conclude: «Osservando i finto-veri balbettii delle miss Ignoranza, il fanciullo viene colto da vertigini di beatitudine: ne so più io della tv, quindi che bisogno ho di saperne di più? Così comincia a saperne sempre di meno, fino a quando è pronto per il grande passo: attraversare il video e diventare un pupo anche lui».

Foto di Dave & BryQuale modello possiamo d’altronde offrire ai nostri figli se non una vita “Gratta e Vinci”? Quello di Barack Obama di oggi: ragazzi per aver successo bisogna studiare? Proverò a dirlo ai miei, ora che inizia l’anno scolastico, ma sarò smentito amaramente da “Affari Tuoi”. Tutte le sere, puntualmente, appena finita la cena, l’esorbitante insipienza verrà dimostrato il contrario. Hai voglia a dire che è il nulla televisivo, il nulla stesso è divenuto la televisione essenziale. Né se avessi una figlia, mi troverei meglio di fronte a cosa è il corpo delle donne nel piccolo schermo (e la citazione di Videocracy viene automatica).

Perché meravigliarsi, allora, se poco meno di un milione di iscritti alle Superiori, lo scorso anno, ha scommesso denaro nell’azzardo? Tra i giochi preferiti dai giovani di entrambi i sessi sono in testa i ‘gratta e vinci’, seguiti da Lotto, Supenalotto e similari. Sabrina Molinaro dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr sostiene che tra i residenti in Italia «il 19,8%, pari a tre milioni di persone, potrebbe sviluppare una dipendenza da gioco d’azzardo». D’altro canto che la fortuna, la scommessa, siano fondamentali per la vita di tutti lo hanno rivelato quei comuni dissestati che hanno cercato fortuna nell’ultimo maxi jackpot del Superenalotto.

«La probabilità di vincere è pressochè nulla – ha detto il sindaco di Anguillara Sabazia, comune sul lago di Bracciano,  Antonio Pizzigallo – ma la città di Anguillara in questo momento di grave crisi spera di centrare la sestina del superenalotto. Un’impresa difficile, una magia, un’emozione che potrebbe ridare stabilità ad un Comune con milioni di deficit». Altro che finanza creativa.