Matrimonio sostenibile. L’accoppiata, di termini, potrebbe indurre a qualche benevolo sorriso. Specie per chi pensa “al contrario” di questo genere di nozze. Quelle – d’altronde – più diffuse: le nozze insostenibili. Ma non perché – come ama ripetere un carissimo veterano del giornalismo – non ci si sposa “con”, ma “contro” qualcuno, bensì perché c’è chi ha provato a sposarsi senza consumi (e costi) insostenibili. E c’è pure riuscita.

Si chiama Paola, la considero un’amica oltre che una (bravissima) collega. Di quelle metodiche – colpa del suo “sangue” nordico – e anche un po’ idealiste. Sembrava, la sua, una scommessa da format della tv francese anni Ottanta: hai un budget da consumare – stavolta non in monete, ma in “pezzi” di ambiente. E niente più. Prova ad organizzare le nozze in due mesi. Ed ecco allora che lei si è messa all’opera – circa un anno fa – e nel settembre scorso ha “apparecchiato” quello che merita di esser ricordato come un caso da manuale per sposi sostenibili. E chissà che non porti fortuna.

Cerimonia in municipio a Rieti – al centro dello Stivale – e, poi, pranzo in un agriturismo “vero”, a Cittaducale. Visto che i due comuni sono attaccati, potevano anche arrivarci in bicicletta. Ma non hanno osato tanto, evidentemente. Magari un domani per festeggiare l’anniversario potrebbero pensarci. Fin qui, comunque, tutto facile. Ci sarei riuscito anch’io. Poi, per creare il menù Paola e Pablo – nomi simili, ma in questo nessun “disegno” ambientalista – per la lista dei cibi, dicevo, hanno dimostrato capacità ai limiti dell’ambientalmente geniale. Criterio: la filiera corta è lunga. «Meglio la cortissima».

Polli e uova dall’azienda agricola attaccata all’agriturismo: quattro passi, et voilà, il pranzo era servito. Olio extravergine biologico dop della Sabina, verdure dell’Orto Invisibile di Antonio, orto sociale realizzato assieme a rifugiati eritrei e somali. E poi ceci e farina da Rieti, prosciutto, fiocco di suino nero, salsicce di struzzo da Greccio, crostate e biscotti con marmellata biologica e marmellatine per condire i formaggi da Contigliano. Vini ed acqua alla spina – quella senza bottiglie – da Magliano Sabina, mimosa dalla celebre pasticceria cittadina, pecorini e caciotte serviti con miele e sciroppo di sambuco da Fiamignano. E visto che la titolare era in zona s’è messa a fare giuncatine e ricotta con un caldaio trasformando una parte dell’agriturismo in una specie di fattoria didattica.

Bomboniere? Quelle del progetto “Base-Bangladesh Shoto Ekota”, procurate attraverso un’associazione di Cantalupo, confetti del commercio equo-solidale confezionati da una ragazza disabile del centro diurno cittadino. Viaggio? Turismo responsabile con la cooperativa sociale Viaggi e Miraggi, ovvio. Bene, brava. Ora ti voglio con il vestito. No, sostenibile pure quello! Con l’Orlo del Mondo. La ditta l’aveva trovata, ma arrivare in Liguria o Lombardia – i punti vendita dell’organizzazione – sarebbe stata una pernacchia alla filosofia se non dei “km zero”, almeno dei “pochi chilometri”. E ha scelto un “non abito da sposa”, ma bianco. Per gli anelli, riciclato dell’oro “vecchio” portato dagli sposi. Perfino le foto sono state “sostenibili”: le hanno fatte tutti a tutti. Tranne che al fotografo ufficiale. Non c’era.

La notizia è “giornalisticamente” vecchia, gli auguri già fatti, il risparmio di circa un terzo del prezzo di una cerimonia di nozze vecchio stampo. Ma visto che questo blog – dalle statistiche – è un baule dal quale in tanti vengono a cavare link e notizie, finisce che magari qualche altra coppia li imiterà. D’altro canto mica capita tutti i giorni di celebrare, in un blog di carabattole, un bel matrimonio sostenibile. Ho ottenuto pure il permesso della sposa.

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