Liberalizzare è una parola che, alle mie orecchie, suona come la “Marsigliese”. Cioè bene. Tanto che attacco subito a canticchiarla. Liberalizzererei di tutto – anche gli ordini professionali (tranne rari casi) o i titoli di studio – purché qualcuno poi non approfitti di tanta libertà impedendo agli altri, di fatto, di esser “liberi” o ad armi pari con chi gioca la sua stessa partita. Libertà d’impresa – nel senso di “meno burocrazia per tutti” – è addirittura una mia vecchia battaglia. Sarà forse perché sono incapace di trattare perfino con il vucumprà sulla spiaggia – spunta sempre il prezzo che vuole – e magari sogno riuscire a far business se un domani tutto sarà “più semplice” . Ma semplificare, senza dar fuoco a pile di gazzette, si potrebbe. Ora, per arrivarci, pare si debba addirittura aggiungere qualche frase alla Costituzione. Insomma, complicare per semplificare. Ma tant’è.
«Ho trasferito il capannone in un altro Comune – ha raccontato Marco Colombo, presidente dei giovani di Confartigianato – Ho dovuto chiedere il nulla osta per inizio attività come se ricominciassi daccapo, poi sono andato alla Asl, all’Arpa regionale, dai Vigili del Fuoco, ripresentando ogni volta la stessa documentazione». Come non dargli ragione? Basterebbe un’autocertificazione e via. Se la pubblica amministrazione non blocca, il suo tacere significa che ha dato via libera all’inizio dell’attività. Anzi, per esser precisi, il suo “silenzio assenso”. Gian Antonio Stella, da acuto osservatore dell’Italietta, ha però messo tutti sull’avviso : senza controlli, sarebbe la pacchia dei “furbetti del certificatino”. Con buona pace della libertà di farsi concorrenza a parità di condizioni.
Che il “silenzio assenso” sia un’arma a doppio taglio lo ha riferito a suo tempo Girolamo Sirchia, ministro della Sanità nel 2005. Raccontò alla Camera che per ben due volte un paziente era stato curato a Marsiglia a spese delle casse pubbliche. Tutto fatturato. «Trascorsi invano i 90 giorni utili, secondo il principio del silenzio-assenso, il credito diviene esigibile» aveva spiegato Sirchia. Peccato che quel cittadino altri non fosse se non l’allora latitante Bernardo Provenzano. Sotto falso nome, beninteso. Magari avrebbe buggerato – così riferirono le cronache di allora – la Regione Sicilia allo stesso modo pur senza meccanismi semplificatori. Ma l’episodio, anche se fosse solo di scuola, la dice lunga su come potrebbero finire certe cose in Italia: se accorci i termini, non acceleri le procedure, fai solo andar prima in prescrizione il diritto dello Stato.
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