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Ultime notizieNon mancano mai, nelle discussioni di redazione che precedono il varo di un sito, quelli che si battono contro i link. Sono i gelosi custodi dell’autorialità, un concetto che trasferito nella dimensione digitale provoca sorrisi di compatimento o imbarazzate delusioni. Sono in genere gli stessi che hanno allergia anche per i collegamenti che vengono da altri. I belgi, si sa, finiscono spesso nelle barzellette dei nostri cugini francesi, i quali – a loro volta – non brillano talora per simpatia e coerenza (ma confesso: adoro la Francia). Tanto da aver voluto questi ultimi – con la celebre e celebrata France Presse – impedire di essere indicizzati dal motore di ricerca di Mountain View. E così i belgi, forse per non esser da meno dei loro aguzzini, si sono gettati in un’impresa eroica e disperata: impedire a Google, ed ora anche ad Msn, di catalogare le notizie dei loro giornali.

Il concetto di copyright è qualcosa di distinto da quello di autore. Il primo ha a che fare con i diritti di attribuzione e di sfruttamento di un’opera, il secondo soltanto con la presunta paternità di essa. Se la licenza col simbolo © è qualcosa di “certo”, tanto da essere tutelabile a prescindere da ogni elemento di convalida ulteriore, la discendenza da qualcuno di uno scritto, di una foto o di un altro lavoro autoriale è tale – a mio modo di vedere – solo “fino a prova contraria”. Le cause di plagio sono pilastri a sostegno di questa tesi, un po’ come quelle per il disconoscimento di paternità della prole. E nel contempo l’unico modo che concretizza il diritto d’autore (morale) è quello di ricondurre, collegare, la creazione al creatore.

Impedire dunque la riproduzione – seppure solo come collegamento che vi fa rinvio – di un articolo di giornale, non è altro che limitare le opportunità di visualizzazione, di riconoscimento del suo autore a tutto favore dell’aspetto economico. «Se vuole leggere il giornale, se lo compri» era la frase di qualche edicolante irritato dai “clienti” che sfogliavano intere riviste senza acquistarle. Il ragionamento in fondo è lo stesso. Anzi, non si vuol comparire neanche sul banco del chiosco dei giornali. Si cerca così di tutelare l’incasso, esponendosi però al rischio di vendere di meno.

Quel che provoca l’orticaria agli editori d’antan passati a forza sul web è il cosiddetto deep linking (per cui si batte in Italia un movimento), il collegamento alle pagine senza passare per la home page dove campeggiano banner ed altre redditizie trovate. Si fa leva più sull’autorevolezza della testata – il lettore se la cerca da solo come un pacchetto che promette un certo approccio informativo – che non sull’autore. D’altro canto, nella carta stampata avviene spesso un fenomeno provincialissimo: le notizie (di agenzia e non) – a differenza di quanto ha cominciato a fare il Tg1 – vengono presentate senza indicazione della loro provenienza, quasi fossero una produzione originale della redazione. Insomma, manca il link.