Il ragionamento, dal punto di vista logico, è ineccepibile. Ha un nitore quasi matematico. E – per questo – assurdo, come accade ogni volta che l’aritmetica viene applicata alla condizione umana. La Direzione provinciale del lavoro di Torino denuncia alla Questura i clandestini che si rivolgono ai suoi ispettori. La ragione? Questi ultimi sono ufficiali di polizia giudiziaria. Non possono fingere di non vedere di aver davanti un “clandestino”. In compenso possono benissimo non accorgersi che magari qualche datore di lavoro senza scrupoli è ben tranquillo di non pagare tfr o straordinari, di far superare l’orario di lavoro contrattuale o osservare misure di sicurezza sul lavoro. Il clandestino non denuncerà mai gli abusi in barba al diritto del lavoro, quello stesso lavoro alla base della Repubblica italiana. Con un paradosso finale: i ‘sans papier’ troveranno più facilmente occupazione rispetto a chi, “regolare”, può vantare diritti.
E’ vero che gli Ispettori delle Direzioni Provinciali del Lavoro sono pubblici ufficiali, ma nei limiti delle funzioni loro riconosciute dalla legge, sicchè svolgono indagini per verificare eventuali irregolarità commesse nell’ambito di un rapporto di lavoro ma non possono travalicare detti limiti e trasformarsi in poliziotti preposti alla denuncia di extracomunitari irregolari.
Paolo, quanto hai ragione! Il punto è che qualcuno è stato più realista del re, commettendo un abuso di potere. Per di più con risvolti paradossali.