Hand in hand di FabrisalvettiPorto il cognome che è di mio padre, fu di mio nonno, del mio bisnonno e finanche del mio trisavolo. Ma sono un retrogrado. La prima sezione civile della Cassazione, infatti, vuol riconoscere ai figli il diritto di portare il cognome della madre al posto di quello del padre. «Il sistema di attribuzioni del cognome – aveva già sentenziato la Consulta nel 2006 – non è più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna». Il mio esclusivo cognome “paterno” non è approvato da 27 capi della Ue, dalla convenzione di New York e pure dal Trattato di Lisbona. Chiedo scusa.

D’altro canto il broccardo mater semper certa est, pater nunquam (“la madre è sempre certa, il padre mai”) è ampiamente superato dalle tecniche di inseminazione artificiale. Magari non tanto dalla bizzarra legge sulla procreazione assistita italiana. In effetti – in tempi di famiglia allargata – non avere almeno un fratello o una sorella con il cognome diverso dal tuo potrebbe farti sentire non al passo coi tempi. Ed allora ecco che le ragioni profonde contro quella che è – ammettiamolo – solo una consuetudine, non prevista da nessuna legge italiana, emergono con forza.

Alla Camera dei deputati frattanto pende, dal 29 aprile 2008, una proposta di legge a firma di Siegfried Brugger: “Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di cognome dei coniugi e dei figli”. Il parlamentare altoatesino cita le pesanti parole scritte dalla Corte costituzionale nel 2006: “retaggio di una concezione patriarcale della famiglia” e “tramontata potestà maritale”. In Spagna, Francia, Regno Unito e Germania è già possibile scegliere il cognome da attribuire ai figli. C’è un sito che lotta per il riconoscimento al diritto del cognome materno. Ma qui, nella proposta ora in Commissione Giustizia, si parla di doppio cognome, alla messicana per intenderci, padre e madre assieme o come capita nei casi di riconoscimento, da parte di un genitore, successivo alla nascita. «Il figlio – sostiene Brugger – trasmetterà poi ai propri figli il primo dei suoi cognomi».

La prima sezione della Cassazione vuol però andar oltre: scombinare del tutto le carte delle anagrafi, far arricchire (o impazzire) i venditori di alberi genealogici, rendere impossibile alle forze di polizia di individuare un clan col cognome della famiglia. Magari salvare qualche vita nelle faide. E finalmente consegnare alle coppie in lite un’altra formidabile campo di contesa per distruggere l’avversario – e i figli: cambiargli persino il cognome. Servirà, secondo il Palazzaccio, l’accordo di entrambi i genitori. Quel che è sicuro resta solo tanto altro lavoro per avvocati e giudici su un nuove fronte di incertezza del diritto.