Esempio di come funzionerà MOVBIS
Esempio di come funzionerà MOVBIS

Quel che vedi è ipertesto. Il progressivo bitmapping della realtà attraverso la StreetView delle Google Maps ha trasformato la nostra vita. Se io non mi perdo più in centro è grazie alle foto dinamiche delle vie. Qualcun altro, invece, grazie a StreetView ha perso la pace familiare per una foto su un balcone dove la moglie non avrebbe desiderato vederlo. Se da un lato puoi vedere un luogo che non visiterai mai, puoi dall’altro ritrovare archiviate – non senza un’amara sensazione – le vie de L’Aquila “com’erano”. Ma un progetto finanziato dalla commissione europea, MOVBIS, fa di più: permette di scrivere il web nel suo linguaggio naturale, l’ipertesto, prendendo come superficie il panorama che ci circonda. Per aumentare la realtà, portandola allo stato di rich text, si avvale di uno strumento che ha pervaso la nostra rete di connessioni: l’obiettivo del cellulare. Dopo aver scattato una foto, il sistema individua edifici, infrastrutture, auto – pubblicità incluse – e li associa ad icone cliccabili. Le applicazioni immaginabili sono numerose: dal turismo ai motori di ricerca per immagini.

Non è però propriamente l’internet delle cose, quella per cui è impegnato, con la tecnologia Openspime, David Orban (assieme a Leandro Agrò e Roberto Ostinelli). Non si tratta di  sensori interconnessi al web che rendono tracciabile con un Ip ogni oggetto del mondo reale, estendendo la rete tra noi dopo che noi ci siamo estesi in essa. Non è neppure di quella soluzione, a metà strada e “rudimentale” (ma efficace, se prendesse piede), suggerita dagli ideatori di Semapedia: collegare il mondo virtuale con quello fisico, linkando uno specifico spazio fisico con le informazioni disponibili su Wikipedia. Tutto grazie ai semacode, anch’essi inquadribili con il cellulare, da appiccicare sugli oggetti da collegare al wiki. Un gioco strepitoso, che tradisce – in questa apertura a questo che si potrebbe chiamare wikisticker – la “natura” della sperimentazione di MOVBIS: usare la città come un foglio di carta bianca per riempirlo di significati. “Sensi” che nell’era dell’ipertesto sono insieme punti di partenza e punti di arrivo di un viaggio senza mappa predefinita, dove la geografia viene ridefinita al passaggio dell’utente. Un nomadismo che ha come cruciale un mezzo: il cellulare.

Tutto ciò ricorda la filosofia che si celava dietro un’intuizione del Troika Studio. Ecco cosa ne scrivevo nel 2004:

Un esempio è dato da SMS Guerrilla Projector. Una sorta di piccolo cannone luminoso che spara i messaggini del cellulare sulle pareti dei palazzi, sui segnali, sulle persone. Un oggetto che può cambiare il senso dei segni del nostro mondo quotidiano, far tracimare dal display le interazioni o provocarne di nuove, fissare effimeramente commenti ed emoticons sul panorama notturno cittadino. Trasformare la città in un testo aperto, sul quale poter scrivere a più mani.