Sono in quattro. Una famigliola: due genitori, un bimbo ed una bimba. Nello spogliatoio della piscina parlano in italiano. E nella stessa lingua si rivolgono l’un l’altro, tra di loro. Ma l’accento, quell’accento là, è inequivocabile: vengono da qualche paese dell’Est europeo, forse proprio dalla Romania. Eppure si atteggiano, vestono e – soprattutto – parlano “come se” fossero italiani. E’ una strana sensazione quella che ti prende nell’ascoltare quella madre che magari si adira con il figlio e che istintivamente non usa la sua lingua. E’ la stessa che ti prende quando ascolti i due bambini rinfacciarsi qualche torto in italiano, anche quando noi stessi – presi dall’impeto della rabbia – magari scivoliamo nel dialetto. La nostra “lingua madre”.
Verrebbe da chiedergli il perché, ma poi un po’ di pudore te lo impedisce. La conclusione – forse banale – è che si stanno nascondendo. Un mascheramento così ben organizzato che pure i figli non sembrano aver mai ascoltato in casa propria la lingua delle loro origini. Qualcosa di cui magari chiunque serba se non orgoglio, almeno un dignitoso ricordo. Basta salire a bordo di una delle carrette del mare incagliatesi a Lampedusa per vedere a bordo – abbandonati nella fuga per la salvezza dalle onde del mare – resti di ricordi: foto con i cari lasciati per fuggire verso l’ignoto, diari, lettere, pezzi di vita insomma. Eppure queste persone si nascondono. Non riesco a farmene una ragione. Oppure preferisco non trovarla. Magari è meglio.
Ciao, caro Edoardo:
ti rileggo dopo un bel po’. Secondo me, invece, non nascondono la loro lingua, ma probabilmente fanno uno sforzo per aiutare i figli ad integrarsi. E’ il motivo per il quale, mi dicono alcune signore del mio paese, parlano ai figli solo in italiano, un italiano incerto.
Un abbraccio
Mario carissimo, che piacere rileggerti pure per me.
Quel che tu dici ha un fondo di vero, ma rappresenta lo stesso una rinuncia di identità: un conto è integrarsi, un conto farsi assorbire. Non giudico la cosa in sé, ma credo che se mi trasferissi in Francia parlerei forse in francese con i miei piccoli in un convivio con soli francesi solo per rispetto degli altri che mi ascoltano… Ma in cosa consiste questo rispetto? Nella paura di esser discriminato perché italiano? No, semplicemente sarebbe dettata dal desiderio di non dar a pensare cosa mai si stia dicendo a proposito dei miei vicini. Ma sul treno o in piscina tra estranei “a metà”, specie nelle reazioni emotive userei la mia madrelingua. Quel che mi sorprende è come quei bambini per litigare litigassero in italiano, come se a casa loro si parlasse solo italiano e quella fosse la loro madrelingua. E le loro origini? Nascoste? Dimenticate? Boh…