Foto di mario's planetSette euro e venticinque centesimi. E’ quanto mi è costata la clonazione della carta di credito. Mi è andata bene, si dirà. Già, ma a sfilarmi la cifra dal conto corrente non sono stati i pirati informatici, bensì il circuito interbancario che gestisce il blocco della card. Come i truffatori abbiano poi avuto i sedici numeri della mia carta non lo so. Ma un sospetto c’è:  dopo aver prelevato al bancomat abituale, mi è stata clonata anche la seconda multifunzione (carta di pagamento e di credito assieme). Non dovrò, forse, sborsare altri sette euro e venticinque centesimi: a bloccarla è stata la mia agenzia. Ma quel balzello in estratto conto per aver composto il numero verde ed evitare di essere grassato da qualche delinquente non mi va giù. Alla voce trasparenza, poi, l’opacità regna incontrastata: nessun cenno nell’avviso semplificato, né nel foglio informativo. Un solo avvertimento: per darmi un nuovo pezzo di plastica per far acquisti sborserò altri nove euro e cinquanta.

Scopro l’acqua calda. Nel 2007 – d’altro canto – il Garante antitrust aveva già  segnalato che nei rapporti contrattuali di conto corrente il 31,9% non informava circa le condizioni del bancomat (quota annua e spese di emissione), il 67,8% dei fogli non riportava le spese del prelievo da Atm di banche diverse da quella di appartenenza e il 57% non indicava le condizioni relative alla carta di credito. Un anno dopo ed a macchia di leopardo (per lentezza di parte degli istituti) è  iniziata ad apparire sugli schermi l’avvertenza: “Al prelievo potrà essere applicata una commissione, se previsto dalla Sua Banca”. Vai a capire quale se la situazione dei fogli informativi è rimasta quella di due anni fa, ma per lo meno chi ti passa le banconote si è mondato la coscienza.

Oggi poi, in piena crisi dei mutui, l’Antitrust torna alla carica sulla trasparenza – e non certo per  bancomat e carte di credito – arrivando ad invocare «un chiaro ed unico indicatore sintetico che riunisca le diverse voci di spesa a carico del cliente che vada in scoperto». Le banche, quanto a trasparenza ed educazione al credito, hanno però Patti Chiari, consorzio con sede a Palazzo Altieri, nella celebre piazza del Gesù di Roma. Nel comitato di gestione per l’assegnazione del marchio di certificazione ci sono cinque prof stimabilissimi: Giovanni Conso,  Guido Alpa, Francesco D’Agostino, Tullio De Mauro e Umberto Veronesi. Non dei banchieri, per fortuna (verrebbe da dire).

Ma se cerco qualcosa che mi conforti sul balzello da pagare, non riesco a trovar nulla. Neanche per rivendicare il fatto che se lo sportello della banca era stato taroccato, non era certo per colpa mia. Posso consolarmi, però, che alla fin fine il sistema di sicurezza delle card, con un grandinata di sms di allarme, mi ha evitato ulteriori ammanchi.  Anche perché – come nota l’avvocato Rosaria Converso – una legge del 2005 prevede sì il rimborso in caso di uso fraudolento della carta di pagamento, ma non  espressamente per la sua clonazione.