Militarista? Mai stato. Consapevole, questo sì, che la guerra è un mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali e quindi anche che un esercito, purtroppo, serve. Ma se qualcuno mi fosse venuto a dire fino a poco fa che in Italia esiste ancora la leva, gli avrei dato del disinformato.

«La naja è stata abolita dal 2005» avrei ridacchiato. Ma quel sarcasmo mi è andato di traverso di fronte all’Albo pretorio. Ho guardato la data due volte: era febbraio 2012 e quella lista – con nome e cognome – era di ignari giovanotti classe 1995.

Sono stati tutti iscritti alla leva, in virtù “dell’articolo 63 del Regolamento sul reclutamento dell’Esercito” risalente al 6 giugno 1940. Una data quattro giorni precedente a quella in cui un uomo vestito di nero si sarebbe poi affacciato da Palazzo Venezia gridando – con una mimica degna di un buffone – che era giunta “L’ora delle decisioni irrevocabili”.

Una barzelletta, se non fosse finita in tragedia. Come una burla all’italiana potrebbe apparire questa storiella dei coscritti inconsapevoli. Ma gratta gratta – come per gli eserciti di cartapesta – esce fuori che mai è stata abolita la leva obbligatoria, diciamo è stata solo accantonata. Perché costava troppo o per quale altra nobile ragione?

Di fatto è rimasto in piedi tutto l’apparato burocratico che nei comuni – anziché far altro e per il quale “altro”, spesso, è a corto di forze – deve perder tempo per compilare, pubblicare, emendare e chissà cosa altro le liste di leva. Tutti soldi che si potrebbero risparmiare, a meno che – un domani – non si decida di chiamare di nuovo i nostri piccini, convinti di esser esenti dalla naja, a marciare invano per dodici mesi in qualche polveroso piazzale. Cosa che evitai volentieri e eviterei a tanti giovani, semmai magari impegnandoli – in alternativa – in qualcosa di davvero più utile per la comunità. (Io? Feci il carabiniere… :-) )