Libro | Perché negli anni 60 prevedevano che avremmo fatto tutto, o quasi, con il telefono
Il ritrovamento a Trapani - grazie a Laura e Giovanni Montanti e a Lorenzo Gigante - di un articolo ingiallito del 1962 ha aperto la ricerca dell'autore. Un viaggio dalla Sicilia agli Stati Uniti, per tornare in Italia in un'inesauribile sequenza di collegamenti tra fiction, storia e invenzioni tecnologiche. Su Amazon la nuova edizione cartacea (2020), ampliata e aggiornata, già bestseller Kindle in storia sociale e culturale.
Nel 1962, negli Usa, tre esperti americani della AT&T annunciarono come avremmo vissuto nel 2000. E Trapani Nuova lo raccontò. Fu profezia o il futuro esisteva già?
Gli italiani a metà 900 – tra Italia e Stati Uniti – realizzarono il primo pc della storia, reti anticipatrici del web, videotelefoni e gli orologi-radiotrasmittenti alla Dick Tracy.
Dalla Belle Èpoque alla fiera di New York del 1964: spopola l’utopia della comprensione e pace tra i popoli grazie alle tecnologie per la comunicazione e la condivisione del sapere.
«In pochi anni – aveva profetizzato lo psicologo e precursore di internet Joseph Licklider nel 1968 – gli uomini saranno in condizione di comunicare più efficacemente attraverso una macchina che faccia a faccia» . Le comunità non sarebbero state più comunità per comunanza di luogo, ma per comunanza d’interessi. Un social network ante litteram, insomma. E Joseph Licklider aveva indovinato: sarebbe stato più semplice usare la tastiera che non parlare al telefono.
Le predizioni sbagliate finiscono per esser dimenticate o irrise. Quelle avveratesi sono entrate nell’uso e magari le trascuriamo. C’è, da ultimo, un’altra eventualità: le predizioni si sono rivelate esatte, però la tecnologia su cui si fondarono è stata abbandonata. E questo nonostante esse, magari, siano state segno di un’epoca e abbiano contribuito – in qualche modo – agli usi che sarebbero poi stati fatti di altre tecnologie. Quelle vincenti. Disseppellire quegli sforzi d’immaginazione, quelle visioni, quegli utilizzi è un’azione doverosa, che può essere assimilata a quella compiuta dagli archeologi. Solo che si tratta di oggetti del passato utilizzati dalla loro epoca per disegnare (o sognare) il futuro e non di reperti confinati nella loro epoca. È l’archeologia del futuro.
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