ErodotoUna volta esisteva il diritto positivo. Oggi è in ascesa quello emotivo. Norme che nascono sulla spinta dell’emozione, dalla pancia, dalla fluida mobilitazione del momento. C’è un delitto che fa clamore? Si invoca la carcerazione preventiva. Salvo poi scoprire che di quei 17.143 detenuti di troppo, rispetto ai posti disponibili, ben 12.333 sono in attesa di primo giudizio. Mai processati, magari pure innocenti. Non si pensa a velocizzare invece la Giustizia, si grida al crucifige. Oppure ci si lancia in una corsia privilegiata nell’approvazione di una nuova norma speciale.

Nel diritto penale esistono i delitti di opinione. Categoria delicatissima, proprio per la natura della materia da valutare. Nell’apologia di fascismo ad esempio quel che si combatte è un pensiero politico eversivo per l’assetto costituzionale. Quindi considerarlo reato è esistenziale, anzi essenziale per una democrazia repubblicana che ha tra i fatti fondanti proprio l’antifascismo e la Resistenza. Ed è logico – e pure giusto – che sia così.

Da qualche giorno, spinti dal rinnovato fervore dialettico accesosi per la vicenda Priebke, sono riapparsi negazionisti e revisionisti storici. Brutti pensieri, spesso infondati, talora alterati ad arte, per difendere qualcosa che sa di indifendibile. Cosa allora suggerisce il diritto emotivo? Criminalizzare gli storici, sia quelli cattivi, che – per fuoco amico – pure quelli buoni. O quanto meno suggerisce nella foga di far loro rischiare la galera se andranno contro verità “assodate per legge”. Sa di regime totalitario, inutile negarlo: la storia è solo quella ufficiale. Alla faccia della libertà di ricerca, ma – può sembrare incredibile – è in corso l’iter per varare un nuovo crimine: il reato di negazionismo.

Non si combattono le sciocchezze dei revisionisti confutandole, come sarebbe magari facile, con la ricerca storiografica seria. Né si è pronti ad esaminare gli errori altrui (e magari pure  i propri). Si vuol incriminare chi si discosta dalla verità ufficiale. E – qualora si dovesse scoprire qualche documento “contra legem” perché sovverte qualche consolidata convinzione storica – che si fa? Lo storico non revisionista, serio e compassato, occulta tutto per non finire in manette? Oppure  verifica e pubblica? Una condizione degna di un romanzo distopico, alla Orwell.

E tutto ciò aprirebbe una breccia da far paura nello stato di diritto, nella democrazia liberale cui spesso si fa richiamo. Se un domani una maggioranza diversa stabilisse per legge che la verità storica è un’altra? Saremmo tutti perseguibili. Alla faccia di quanto tragicamente accaduto, perché è passato il principio che è la legge penale a scrivere la storia.

D’altra parte c’è poco da meravigliarsi. Un altro clamoroso esempio di dannoso diritto emotivo è stato varato, sempre dal Parlamento italiano, in occasione del recepimento della direttiva europea sulla sperimentazione animale. A suon di emendamenti si è riusciti a inserire nel testo, travisandolo nella sostanza, il modo di tenere un passo indietro la ricerca italiana. Sì, poveri animali, potrebbero soffrire. E guai a procurare loro patimenti inutili, siamo tutti d’accordo. Ma impedire con una norma – e questa pratica non sarebbe affatto inutile – gli etero-trapianti, cioè dall’animale ad un’altra specie, è stato emotivamente bellissimo, ma razionalmente sciocco. Su chi studieremo ora i tumori, le dipendenze dalle droghe, ulteriori rimedi contro l’Aids? Su cavie umane?

In compenso ora sappiamo benissimo che effetto fanno le emozioni.