Di gran parte dei fenomeni ce ne facciamo una ragione. Non tanto per una sorta di neoilluminismo strisciante, quanto piuttosto per campare serenamente. Insomma, una sorta di rimozione razionalizzante o, se si vuole, narcotizzante. Era questa  la sorte toccata al mio periodico peregrinare tra la cassetta delle lettere sul vialetto di casa e lo sportello della corrispondenza dell’ufficio postale. Mai che il postino abbia trovato “qualcuno” in casa, benché in casa ci fosse sempre “qualcuno”. E così per ogni raccomandata raccolgo il cartoncino giallo, aspetto le ore 10.30 del giorno successivo e – perdendo tempo – mi metto pazientemente in fila per il ritiro. Speranza di far intendere loro che se suonassero il campanello qualcuno ritirerebbe il plico non ne ho più: è la mia parola contro la loro, da “incaricati di pubblico servizio”. E silenziosamente procedo al mio “autorecapito” della raccomandata.

Nello stare in fila capita però di ascoltare altri sventurati che si rivolgono allo sportello per avere la loro raccomandata. E, involontariamente, l’equilibrio raggiunto ti inizia a vacillare: un’impiegata infatti segnala agli altri “autorecapitanti” che mi precedono che esiste il servizio “Dimmiquando“. Tony Renis e il suo successo cantato perfino in vietnamita non c’entrano. E’ l’ennesima trovata dei geni del “Commerciale” di Poste che trasforma un tuo diritto gratuito in un guadagno. Altrui, si intende.

La descrizione è esaustiva: “Consegna personalizzata – Dimmiquando. Per decidere quando ricevere la tua corrispondenza a firma”. Ma non si tratta di un servizio reso a titolo di cortesia: Poste italiane sono una società per azioni (di fatto monopolista), non posso cercare di dimenticarlo pur di tornare nel mio sereno torpore postale. I prezzi sono fino a 3 mesi: 8,47 euro; fino a 6 mesi 12,10 euro e fino a 12 mesi: 15,73 euro (alle aziende costa circa il doppio). Iva inclusa. Insomma, la mutazione da Poste a imPoste è ormai pressoché conclusa.

Il portalettere – se pagassi – si accorderebbe con me per sapere quando trovare in casa “qualcuno” (cioè sempre) e consegnerebbe, finalmente, le raccomandate all’uscio. E io – c’è pure questo di bello –  indovino già cosa gli potrei dire. Chissà se si paga pure quello.