Tratto informazioni tutto il giorno. Le cerco, le filtro, le guardo in controluce e le diffondo. Operatore o meglio, operaio dell’informazione sono partito per questa vacanza senza documentarmi per niente. Troppi impegni, fuga in montagna quasi repentina. Il classico calzolaio che va in giro con le scarpe rotte.
Ma al primo giorno di pioggia che rendeva impossibile qualunque sentiero attorno al Monte Bianco, per cui avevo racimolato quattro sommarie carte in loco (molte di meno di quante te ne danno ad esempio in Austria) mi sono ritrovato a vagare per la Vallée senza guida. Solo un paio di anni fa sarebbe bastato a rovinarmi la vacanza.E qui la soluzione: sono riuscito a selezionare mete, saltabeccando da una all’altra, grazie allo smartphone ed a Google. In passato avrei vagato nevroticamente, finendo con somma incavolatura davanti alla porta chiusa per lavori, questa estate, del Museo di scienze naturali di Saint Pierre – cosa che ho ampiamente evitato col mio E61 – oppure non sarei riuscito ad imbucarmi senza prenotazione in una visita all’Osservatorio astronomico di Nus. Tutti posti ampiamente segnalati su guide e depliant, solo che io in auto – ramingo – non ne avevo. Anzi, sono sincero: penso di essere stato in vantaggio rispetto ad altri villeggianti. Mi cruccio solo di non aver ancora scaricato le audioguide in mp3 che la Regione ha messo in rete per illustrare ai turisti le bellezze del territorio.
Ma non va sottovalutato un aspetto, che temo i tecnoentusiasti (ai quali mi pregio di non appartenere e che guarderanno a questo racconto come alla scoperta dell’acqua calda) possano lasciare in secondo piano. Questa metanavigazione, dove il passaggio da un luogo fisico all’altro è accompagnato e preceduto in tempo quasi-reale da una navigazione nel web, è agevole in Valle d’Aosta (o lo sarebbe in Umbria o, quando la rivoluzione digitale si completerà, in Basilicata), meno lo sarebbe su una scala più ampia, dove le distanze fisiche delle località son ben più cospicue. Tutto dipende, ovviamente, dal mezzo di trasporto. Ma non potrei saltare da un punto al’altro d’Italia, forse anche della Lombardia, con la stessa rapidità.
Un passo in avanti a questa situazione, già a portata di mano, potrebbe essere la diffusione dei “semacode” sui monumenti, quelle microetichette che se inquadrate da un telefonino fanno partire il browser. Ma sarebbe una metainformazione, un qualcosa in più, non il peregrinare, il vagabondare cui ci siamo abituati in rete e che possiamo congiungere con quello della cosiddetta vita reale. Scusate se è poco.