Foto di James VaughanMio nonno aveva evidentemente la sindrome dell’early adopter, l’utente precoce di tecnologia. Non che fosse un tecnofilo scatenato per le novità, ma si aggirava sul confine. Un border line, insomma. Raccontava di essere stato uno dei primi in paese a possedere un’auto – faceva noleggio con conducente, non che fosse un ricco pioniere dell’automobilismo – e, nel 1977, fu pure tra i primissimi ad avere in casa un Mivar a colori.

Nell’epoca della smart-tv, che tra l’altro stenta a decollare, quel marchio non dice nulla. E’ notizia recente, purtroppo, che la gloriosa fabbrica di televisori fondata da Carlo Vichi – la Mivar, appunto – si darà alla fabbricazione di mobili. Niente più elettronica. Ma la stessa sorte, leggo dai giornali, tocca a Sharp, Panasonic e, addirittura, alla raffinata Bang & Olufssen. Tutti a casa: il televisore non lo cambia in fretta più nessuno. E’ come se lo sviluppo di questo elettrodomestico – schermo piatto, spesso attaccato ad un muro, alta definizione, audio da cinema – avesse raggiunto il punto più alto. Per poi caderne.

D’altro canto, tanto per restar in materia di innovazione, se stasera guarderò la fiction dedicata ad Adriano Olivetti è assai probabile che attaccata al televisore ci sia una chiavetta usb ultraveloce. Lo registrerò in digitale. Come in digitale mi sto rivedendo sul tablet, con SkyGo, tutti i film di James Bond – come sempre senza prenderlo sul serio, ma con grasse risate per le funamboliche trovate. Oppure scandaglio in rete le serie canadesi, dopo averle scoperte sul satellite o via web: a quanto pare sono la nouvelle vague fantascientifica – o quasi – delle reti di Murdoch. Poi, ma sfondo una porta aperta, ci sono le web series su Youtube, gli spezzoni e le clip condivisi sui social network tratti dal grande blob del flusso televisivo degni di esser visti, commentati e a mia volta suggeriti ai miei followers. E’ vero: non guardo lo sport, non sono vittima della fatidica tesserina da inserire nel decoder, ma vedo ragazzini che preferiscono lo streaming – talora pirata – alla cara vecchia tv da salotto (ottimo apparecchio invece per partite alla Playstation).

Allora, di fronte al dispiacere di veder sparire l’amata Mivar, quella dei gran premi di F1 a colori, del Lauda campione del mondo per la seconda volta, dal panorama delle aziende produttrici, mi rendo conto che non è l’elettrodomestico la “vittima”. Il morto è la televisione, quella concepita come un processo unilaterale, cadenzato da un palinsesto che ha fatto – per i nostri anni ’80 – da orologio: riconoscevi che ora era dal programma in onda. Neanche oggi ti guardi più al polso. Per sapere l’ora, infatti, sbirci lo smartphone.