Il negazionismo sarà dichiarato reato. Ma cosa accadrà se un domani, cambiata maggioranza, si stabilisse per legge che la verità ufficiale non è più la nostra?
Il negazionismo sarà dichiarato reato. Ma cosa accadrà se un domani, cambiata maggioranza, si stabilisse per legge che la verità ufficiale non è più la nostra?
Il redditest è un paradosso. Il software del Fisco fa verificare se hai comunicato un reddito basso rispetto al tuo tenore. Ma se quello è il tuo vero reddito dovrai dichiarare di più, cioè il falso.
Ma se qualcuno mi fosse venuto a dire fino a poco fa che in Italia esiste ancora la leva, gli avrei dato del disinformato. «La naja è stata abolita dal 2005» avrei ridacchiato. Ma quel sarcasmo mi è andato di traverso di fronte all’Albo pretorio. Ho guardato la data due volte: era febbraio 2012 e quella lista – con nome e cognome – era di ignari giovanotti classe 1995.
«Lo conosco di fama, so che è un uomo che ha una competenza scientifica di alto livello. E’ stato molto attivo nel Nord America e sono sicuro che ci porterà un valore aggiunto». A parlare – con una nota stampa – è il ministro delle Politiche agricole Mario Catania. Si riferisce a Francesco Braga, professore all’Università di Guelph, perché di fresca nomina a sottosegretario all’Agricoltura. Stessi elogi dal presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Ue, Paolo de Castro. Peccato che il premier Monti abbia indicato per quel ruolo un altro Braga, il quasi omonimo Franco, professore universitario sì, ma espero di costruzioni antisismiche.
Scherzi da governo degli “sconosciuti”, quanto meno per addetti stampa (le congratulazioni di rado sono scritte di loro pugno dai politici) e – soprattutto – per i giornalisti. Il “falso” Braga è stato intervistato Radio 24, “Un giorno da pecora” e pure dalla Bbc. Il fatto è che il “vero” Braga con l’agricoltura poco o niente ha a che fare e pertanto scrutando tra i curricula, è parso logico a giornalisti e burocrati che fosse il docente canadese, e non quello italiano, il sottosegretario giusto al posto giusto.
Poi, visto che nessun Braga si presentava a giurare (l’autentico Braga si dice sia rimasto scornato del non esser assegnato alle Infrastrutture), sono sorti i primi dubbi. Da quello surreale del ministero delle Politiche agricole, che ha mandato in Canada un’email per aver conferma al Braga di là che fosse lui il sottosegretario (“Ma non dovreste dirmelo voi?” avrebbe risposto). A quello pirandelliano del presidente di Fedagri, Maurizio Gardini: «Visto che nel comparto agricolo è in corso un difficile negoziato, sarebbe un evidente vantaggio per il nostro ministro tecnico Catania l’essere affiancato da un sottosegretario altrettanto tecnico e che abbia una comprovata esperienza nel settore». Tradotto: visto che la sorte ce l’ha dato, meglio il “canadese” esperto di agroalimentare.
Ma se tutto questo che sembra un paradosso, in tempi di vacche magre, non possa esser preso al balzo da Monti? E che nella ventata di contenimento dei costi della politica si acchiappi al volo la formula “paghi un sottosegretario e ne prendi due”.
Neofiti del sesso, sportivi della domenica, videogamers alle prese con Angry Birds ed iper egocentrici fanno esperienza – spesso – dell’ansia da prestazione. L’ansia da dichiarazione invece, al di fuori dei patiti dei social network, resta appannaggio di una ristretta cerchia: politici o aspiranti tali. Un mondo parallelo, fatto di parole, con i suoi rituali e i suoi schiavi del terminale: baldi addetti stampa inchiodati davanti al flusso delle agenzie sullo schermo, messi lì per scovare qualcosa da far commentare al proprio datore di lavoro. Dal compleanno della starlette di turno alla fresca nomina nel più secondario e inutile carrozzone di Stato, fino ai lutti (un must) ed alle relative condoglianze.
Meccanismo infernale, questo, colmo di virgolettati, dichiarazioni di portavoce, prese di posizione a nome di questo o quel politico. “Scucuzzate”, come chiamava un caro e salace caposervizio i testi gonfiati a dismisura per riempir uno spazio troppo grande sulla pagina, inesorabilmente destinate a rimanere relegate tra i lanci delle agenzie di stampa (che ci campano, facendosi pagare – a convenzione – i loro servigi). A vederlo è un surreale balletto di parole che non finiranno mai, o quasi, sugli organi di informazione, quelli per i quali apparentemente vengono prodotte ogni giorno queste centinaia di dichiarazioni.
Ma va detto il “politico” è – antropologicamente – un animale dichiarante. Ricordo con un sorriso la tremenda burla ad una collega di scrivania – in una piccolissima redazione di provincia – cui feci credere di esser stata cercata dall’agente di Raul Bova. Motivo: un’intervista esclusiva alla star. Le consegnai il numero di cellulare dell’attore – in realtà il mio, che lei aveva ma non riconobbe. A risponderle, dal bagno del giornale, il responsabile dello sport che stette al gioco per quasi un’ora di dichiarazioni. Presa dalla frenesia, la simpatica cronista, iniziò a ributtar giù l’intera pagina su cui aveva lavorato fino a quel momento per far spazio alla notizia di “Bova in città”. Poi, fulminata non so da quale pensiero, impugnò il telefono e chiamò la sua fonte abituale, l’assessore comunale a cultura e spettacoli, per rimproverarlo di non averla avvisata della presenza nel teatro cittadino di cotanto personaggio. Il politico, con nonchalance, iniziò a risponderle che la presenza di Bova (il quale, ignaro, era altrove) era merito suo: aveva portato nel territorio un set cinematografico e via dichiarando. Una sequenza di clamorose balle che solo l’intervento di tutta la redazione evitò venissero pubblicate dalla collega, assieme – beninteso – alla bufala di Bova in città.
Di questa ansia da dichiarazione