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Maria Grazia BusiMi piace sentirmi una verginella. Da quindici anni i politici fanno lo stesso. Il potere di indirizzo – il loro – è separato da quello di gestione: loro ordinano, i dipendenti agiscono in autonomia e si prendono le responsabilità. Una piccola furbizia, dall’aspetto edificante, per evitare che qualche magistrato giustizialista possa accusare i potenti di turno di “non poter non sapere”. Sulla stessa falsariga dovrebbe muoversi la cosiddetta comunicazione istituzionale. Da una parte il portavoce del Ministro o Sindaco che dir si voglia, dall’altra gli addetti stampa. Le verginelle, appunto. Dovrebbero racc0ntare i fatti con imparzialità, completezza ed approccio asettico.

Mettiamo allora che il popolo delle partite Iva decida di scendere in piazza contro chi vuole far loro pagare le tasse. Versamenti su conto corrente o comunque rintracciabili. Norme che presto ci porteranno magari ad aver difficoltà a distinguere un avvocato da un benzinaio: entrambi andranno in giro con un rotolo di biglietti da dieci in tasca. Bene, sempre a proposito di verginità, mettiamo pure che l’Agenzia per le Entrate – con uno strepitoso tempismo – diffonda proprio a ridosso della protesta un dossier su cinquanta categorie di lavoro autonomo dal quale emerge come i gioiellieri siano dei morti di fame di fronte ad un operaio. E’ senza dubbio informazione istituzionale, il contenuto è di interesse pubblico e pertinente al dibattito pubblico in corso, ma il tempismo lo fa assomigliare molto più ad una strepitosa stoccata a chi si è messo a far cortei. Altro che asettica comunicazione istituzionale, questa è informazione militante.

E così la mia voglia di far la verginella traballa. Come ha fatto tremare più di qualcuno lo scongelamento di Maria Luisa Busi, giovedì sera al TG1. Ha dato la notizia di uno stupro e poi – sorpresa – si è (per)messa di commentarla. Lodi a tutto spiano da ogni dove – forse non dal Ministro Amato, destinatario degli strali della bionda giornalista – ma anche qualche turbamento. «La conduttrice – ha scritto Paolo Bressano, un lettore de La Stampa, alla rubrica delle lettere – si è lanciata in una filippica retorica per lamentare l’aumento degli stupri». E ha concluso dicendo di sperare che Gianni Riotta, il nuovo direttore del TG1, «non inauguri l’era dei processi in tv». Il servizio pubblico che esprime un’opinione apertamente, spezzando l’illusione di freddezza ed impersonalità del conduttore di fronte alla notizia, lascia disorientati. Hai voglia a ripetere che le notizie sono quelle che rendono tali i giornalisti, che si tratta pur sempre di resoconti di fatti, che il punto di vista del cronista (cacofonia) è ineliminabile. E’ che ci piace tanto fare le verginelle.