supermanSe la New York World’s Fair del 1939, la grande expo mondiale americana dedicata al futuro, ha avuto un supereroe a fumetti questi non poteva che essere Superman. L’uomo d’acciaio non solo incarnava i panni di una sorta di deus ex machina – e dopo la crisi del 1929 ce n’era bisogno – ma apparteneva a città, dominate da grattacieli scintillanti in vetro, senza bassifondi, abitate da bianchi ben vestiti. Una dimensione che si accordava perfettamente con quella di un futuro alla cui rappresentazione erano stati chiamati architetti e designer. Era l’aerodinamica, la linea, il segno esteriore che un oggetto ad “alta tecnologia” appartenesse al futuro.

I nuovi supereroi sono astronauti

Venticinque anni dopo il costruttore Robert Moses, patron della New York World’s Fair 1964 (il cui 50° ricorre proprio oggi), avrebbe voluto riproporre quel grande evento a Queens. Ma nonostante General Motors avesse proposto una Futurama 2, vale a dire la seconda edizione di una visione ottimistica del futuro prossimo venturo, e gli uffici di pubbliche relazioni delle grandi aziende dipingessero un domani in un mondo algido, armonico e perfetto i supereroi non potevano più essere gli stessi. Non solo perché i nuovi eroi erano astronauti, e astronauti furono i Fantastici 4, apparsi l’8 agosto 1961 vale a dire qualche mese dopo il primo americano nello spazio, Alan Shepard (5 maggio 1961).

Non più un’America per soli bianchi

Era un’America che stava cambiando. E non solo perché i supereroi non tenevano più segreta la loro identità: a differenza di Superman dei Fantastic Four si conosceva pure la residenza: dal 30 al 35° piano del Baxter Building, tra la 42esima Strada e Madison Avenue a Manhattan. Nessuna città abitata da soli bianchi era più plausibile, neanche a fumetti. I neri d’America rivendicarono – con una clamorosa protesta all’inaugurazione proprio della New York Fair 1964 – i diritti civili, che proprio quello stesso anno entreranno nel sistema giuridico statunitense grazie a un disegno di legge presentato da John Fritzgerald Kennedy l’11 giugno 1963, prima di essere assassinato a Dallas il 22 novembre.

L’eroe adolescente (e scienziato)

E se erano disneyani i personaggi di fantasia della fiera a Flushing Meadows, una sorta di Disneyland dedicata alla pace attraverso la comprensione e alle magnifiche promesse del progresso, a ovest dal parco, a Forest Hill, sempre a Queens abitava già – quanto meno sulle strisce a fumetti della Marvel – dall’agosto 1962 un altro vero nuovo eroe: Peter Parker, ovvero Spider-Man (il cui nuovo capitolo cinematografico, “The Amazing Spider-Man 2: il potere di Electro” esce domani, 23 aprile). I suoi poteri erano sì frutto di un evento accidentale, frutto di una sperimentazione, ma egli era soprattutto un scienziato, come scienziati erano i Fantastic Four. Vistasi superare con lo Sputnik e Gagarin, l’America aveva iniziato una spasmodica corsa allo spazio e alla tecnologia – per recuperare il gap missilistico, letale in epoca di Guerra Fredda – per la quale si era scoperta bisognosa di matematici, fisici, chimici, ingegneri. E i giovani erano l’investimento sul futuro che doveva operare, come al suo essere giovane doveva parte del successo lo stesso Kennedy. Il (super)uomo nuovo diventava naturalmente un adolescente, complicato come tutti i teen-ager, che forse ebbe pure per questo fortuna. La sua identità restava segreta, come i più antichi supereroi (Superman era del 1938), ma il suo mondo era medio borghese: zia Mary e zio Ben. Molto più autentico e vicino alla gente, quella stessa che comunque magari andava a sognare ad occhi aperti alla mastodontica fiera a Queens.