La storia è fatta spesso di piccoli particolari. Eventi non significativi e, per questo, trascurati. Nel 1987 la Democrazia cristiana lanciò uno spot elettorale che – visto con il senno di poi – assume una valenza storica. Se non fondativa. Ma certo, allora, non potevamo rendercene conto, seppure tutti sapevamo quanto in quel momento contasse – a differenza (forse) di oggi – la televisione.

Quei 58 secondi, letti in chiave storiografica, potrebbero infatti rivelarsi di un interesse enorme. Lo stile, gli stimoli, la costruzione del messaggio segnano l’inizio di una cultura pubblicitaria – e, si scoprirà poi, anche politica – che ha come paradigma e progetto di vita il Mulino Bianco. Una parte del reale del quale alla fine degli anni Ottanta eravamo pronti ad imbibirci. Tanto nei consumi che in una certa comunicazione politica.

«Nel 1990 parte la campagna della Famiglia del Mulino – si legge sul sito della Barilla – che rappresenta, con i toni dolci della favola moderna, la quotidianità dei gesti di un’esemplare famiglia “all’italiana” con una serie di episodi destinati a protrarsi per cinque anni». Le date sono una coincidenza come solo quelle che a posteriori ti viene di individuare. Ma quel modello di vita, lanciato dall’Agenzia Armando Testa, trovava per pura casualità un antenato nello spot della Dc – creato dalla RSCG di Milano – con padri e figli che si abbracciano (come in altri spot, ma di pastasciutta) e un senso di serenità latente. La colonna sonora però non è strumentale, è un coro. E’ però lo slogan finale ad aprire uno squarcio: “Forza Italia. Fai vincere le cose che contano, vota Democrazia cristiana”.

La realtà e i pubblici prodotti dalla tv dell’epoca sono insomma coerenti con la comunicazione e il mondo che avremmo vissuto poi. Un mondo che oggi appare come un’epoca politica – coincidenza della storia italica segnata dai ventenni – in parte in dissoluzione. Vuoi a causa della crisi, vuoi per le dinamiche dei partiti, vuoi per i modelli e per gli ambienti di comunicazione che sono cambiati.

A disseppellire lo spot della Balena bianca – ben noto agli studiosi, ma oggi riemerso grazie alla pubblicazione in rete (e fattomi scoprire dal collega Silvestro Giannantonio) – è stato l’Archivio degli spot politici, un progetto dell’Università di Roma Tre che raccoglie oltre 450 video realizzati per la propaganda di partito. La coincidenza è che all’indomani delle Primarie del centrosinistra – a proposito di comunicazione politica – c’è ora una sorta di trasfigurazione agli occhi di molti circa il peso dei social media che non sembrano aver del tutto soppiantato le altre dimensioni del “politico”.

«Pensavo fosse amore invece era un calesse: la fine della luna di miele fra politica e social media» ha sarcasticamente commentato su Facebook Giovanni Boccia Artieri – il cui Social network studies ha usato i social media per “predizioni di voto” – a proposito del differenziale tra espressione del voto in rete e nell’urna. In realtà, osserva ezekiel in una bella disamina su stilografico «più che a un evento politico abbiamo assistito a un evento di Social-TV in cui gli spettatori commentano in tempo reale sui Social Media ciò che guardano in TV usando i loro smartphone o tablet come un vero e proprio secondo schermo (second screen viene definito tecnicamente) in contemporanea».

I social d’altronde sono solo un pezzo del mondo che è fatto da più “pezzi di mondo”. Ignorarli sarebbe colpevole, metterli al centro come unica dimensione o come dimensione sintomatica dell’insieme, forse lo è altrettanto. Ma i social media – per la loro natura relazionale, identitaria e permeabile – possono dirci come influenzano/sono influenzati dai restanti pezzi della realtà per aiutarci a capirla/li meglio.

Come rivedere quello spot della Dc del 1987 ci permette di capire meglio cosa sarebbe accaduto poco dopo nella vita politica italiana e nella pubblicità. Due dimensioni che sembrano essere andate davvero a braccetto se navigando nel sito della Barilla si legge il titolo della stagione 2000 – 2011 della saga pubblicitaria del Mulino Bianco: “La vita è una favola”. Ed è emblematico – e casuale come tutto quel che si è osservato – che quella campagna si sia conclusa prima del 2012…

 Aggiornamento del 5 dicembre 2012 (grazie ad una conversazione su Facebook con Cristian Contini che ringrazio per le segnalazioni)

La “presunta” campagna test del 1994 di Forza Italia – quella con i bambini che gridavano “Fozza Itaia” dai manifesti affissi sui muri delle città italiane fu accompagnata da una serie di curiose coincidenze: fu opera di Armando Testa – lo stesso del Mulino Bianco – che però ha sempre smentito (qui una ricostruzione di Costantino Muscau del 1994 sul Corriere della Sera) e fu anticipata da Famiglia Cristiana – giornale cattolico (quanto la Dc) – che pubblicò sulla copertina del n. 18 del 5 maggio 1993 l’immagine e il titolo qui accanto. Per onor di cronaca (web) c’è anche un’altra ricostruzione dell’appuntita penna di una vecchia conoscenza de Il Cannocchiale, Malvino, alias Luigi Castaldi.

Ma ciò che incuriosisce è quanto in quegli anni i tempi fossero “maturi” . Secondo i ricercatori universitari dell’Archivio degli spot politici lo spot della Dc “Forza Italia” fu infatti realizzato dall’Agenzia pubblicitaria RSCG di Milano:  la stessa degli spot del Mulino Bianco per la Barilla e “della Milano da bere” per l’Amaro Ramazzotti… Un’altra pubblicità che ha fatto (quell’)epoca.