Anche la “demeritocrazia” è a pioggia. Può così capitare che ti convochino all’ufficio tributi del Comune perché alcuni tuoi immobili “sfuggono” alle tasse sull’immondizia. «Venga, che regolarizziamo» è nella sostanza l’invito a mezzo lettera. Visto che sentirsi evasori può far piacere solo a qualche politico o furbetto, e confesso che le due categorie talora tendono a sovrapporsi, ma a te fa vergogna, prendi un giorno di ferie e vai allo sportello. Le tasse le paghi, ma non si sa mai: finiti i soldi dell’Ici, nei municipi fanno cassa recuperando magari quel che possono. Ed eccoti pronto.

Ma al tuo arrivo, l’impiegato ti dice che si sono sbagliati. «Quella lettera non doveva partire». Semplicemente: hanno spedito la missiva “a pioggia”. “Se getti la rete, qualcuno lo peschi” devono aver pensato. Sistema forse più rapido che incrociare due tabelle di database o chiedere al concessionario delle imposte un elenco dettagliato, chissà? E’ che – con il passar degli anni – questa che potrebbe essere un’occasionale svista, mi sembra sempre più un metodo che il management della cosa pubblica deve aver assimilato come “normale”, cioè una  norma.

Ed allora ecco che ti arrivano – da una biblioteca – email come questa: «Gentile utente, nel ricordarLe di restituire quanto prima libri avuti in prestito ed il cui tempo a disposizione sia scaduto La avvisiamo che i libri possono essere restituiti anche presso l’Ufficio tal del tali». A fronte del termine perentorio allora frughi nel caos dei ripiani delle tue librerie, guardi in mezzo alla pila sul comodino e finanche sullo sgabello del bagno. Ma niente, non hai libri altrui. Lo fai presente. Controrisposta via email: «L’avviso era una comunicazione generica rivolta a tutti gli utenti  finalizzata a ricordare eventuali ritardi per chi ancora avesse libri in prestito da restituire. La Sua situazione è del tutto regolare». Un altro caso di pesca a strascico, insomma.

Non è tanto una cultura del sospetto quella che alligna, ma il rovescio – quasi la parte convessa del cucchiaio – della meritocrazia “a pioggia” che impera nella pubblica amministrazione. Se c’è un premio da assegnare – non dico un trattamento minimo, perché allora saremmo nella sperequazione – se c’è un “in più” da riconoscere non c’è verso che venga dato ai meritevoli. Tocca a tutti, per non far torti (e non perder voti). Parimenti se c’è una “colpa” da affibbiare, un qualcosa di negativo da cercare, si accusano tutti – così, alla cieca – tanto poi gli innocenti si esimeranno da soli. Dopo aver perso una giornata di lavoro o un pomeriggio a frugare tra le carte. E magari si sono anche preoccupati per una colpa che non hanno.