Andremo a vivere all’Ikea. Non l’ho ancora detto a mia moglie, né ai figli. Ma è un destino. Comune e inevitabile. La casa degli italiani – alla faccia dello storico pay-off della Standa – è là. E come il libro fotografico dell’ex padrone dei grandi magazzini in occasione della sua discesa in campo – “exemplum vitae” per casalinghe di Voghera ed ex yuppies – sta arrivando nelle nostre abitazioni il Catalogo Ikea 2009, sacra scrittura d’inizio secolo. Il 75,5 per cento delle case italiane ha una cucina adibita a stanza. Nel 1991 erano l’87,2 per cento. Il tinello è in via di estinzione. Sembra quasi che le abitazioni si stiano comprimendo, come per far spazio a quanti più arredi possibili dell’Ikea. Le foto del manuale di vita sono affastellamenti di pezzi, caotiche composizioni di stili dissonanti. Un esempio, anch’esse.
Fissato con i prezzi bassi Ikea
Finito il chiassoso rito dei parenti a casa per il pranzo, finita la silenziosa lettura del giornale. Terminate pure le scorribande dei ragazzini tra i ninnoli fragilissimi delle zie zitelle. Non c’è spazio. Quello serve per accatastare seggiole, sgabelli poltrone, mobiletti o scaffali in metallo puro stile ospedaliero. Anche i prezzi delle case sono sempre più alti. Se paghi il mutuo, non puoi spendere per l’arredamento. E così vai da chi si autoproclama “fissato con i prezzi bassi”: Ikea.
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